Sicilia e… una sana indignazione

Sicilia

 

 

 

 

 

 

 

 

Audio dell’intervento del prof. Giuseppe Savagnone durante un mio viaggio in Sicilia dal 28 agosto al 4 settembre scorsi. Il prof. Savagnone, attraverso la profonda conoscenza e amore per la sua terra, conduce in un itinerario attraverso la storia della mafia siciliana per comprenderne il rapporto con lo stato e la fede.

Per info sul prof. Savagnone potete visitare il suo sito: http://savagnone.blogspot.it/

 

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Porta stretta

la_porta_strettaCommento breve a Lc 13,22-30

Gesù è ‘in cammino verso Gerusalemme’. Non ci sfugga l’annotazione, che ritorna ripetutamente nel vangelo di Luca. Il suo non è solo un viaggio geografico. E’ un percorso teologico, vocazionale. E’ chiamato ad attraversare la porta stretta della morte, del dono di sé. Eccolo allora uscire con una battuta spiazzante: ‘Sforzatevi di entrare per la porta stretta!’. Accidenti a Gesù! Tocchiamo con mano la radicalità del Vangelo e il suo fascino. La porta è aperta. Dio desidera che sia una porta inclusiva, che non chiude fuori nessuno. Egli stesso esce dalla porta per chiamare i suoi figli, per introdurli nella casa della misericordia e della festa. La porta è stretta perché studiata per i piccoli, per coloro che la vita ha ‘ridotto’, per i semplici, per i peccatori, per color che si fidano di Dio come i bambini, per i poveri e i solidali con i poveri. Quindi, non è proprio impossibile entrarci. Non ci accada piuttosto di stringere noi il varco, di ridurre la porta, o addirittura di chiuderla con la pastorale ripetitiva e stanca, con l’indifferenza, con la cultura dello scarto. La porta è quella della misericordia!

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La radicalità del “si”

gesu-camminoBreve commento a Lc 9,51-62. I tre scambi o dialoghi vocazionali, con il terribile: ‘Lascia che i morti seppelliscano i loro morti’, vanno letti a partire dall’atteggiamento vocazionale di Gesù. Egli ‘prende la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme’. Per sé sarebbe ‘fa la faccia dura’, ‘fissa la faccia’, ‘rende la sua faccia come pietra’. E’ come il Servo Sofferente celebrato da Isaia o come il timoniere che abbranca risoluto il timone e detta la rotta. Per il Regno non ci sono tentennamenti, o altre precedenze nemmeno di fronte alla morte e al lutto. Il cammino è tracciato e vi si entra con determinazione. Una decisione di questo profilo merita tutta la nostra ammirazione. Rivela i sen- timenti di Gesù e interpella la qualità della decisione umana, specialmente quella relativa ai progetti vocazionali. Oggi, immersi nella cultura del relativo, del part-time, dove le scelte definitive sembrano roba per rincitrulliti e per vecchietti d’altri tempi, le decisioni si fanno deboli, rivedibili, negabili nel nome della libertà, dei propri gusti e bisogni. L’incertezza regna sovrana. A chi vorrebbe mettere al bando legami e decisioni e andare dove porta il cuore, bisognerebbe ricordare che non è possibile rimanere svincolati. Se non altro si è legati a capricci e tendenze. E a quanti cercano la sicurezza assoluta prima di decidere, rammentare come le evidenze certe non sono date agli esseri umani. Esse addirittura annullerebbero uno spazio per una risposta libera. Se si capisse che la decisione e la fedeltà sono frutto dell’amore si vedrebbero molte ‘facce dure’ in circolazione, facce di innamorati, affidabili e felici!

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Venerdì Santo

Memoria della morte di Gesù

Meditazione liturgica sulla croce

Drammatico il quarto Canto del Servo Sofferente di Isaia: ‘Si addossò le loro iniquità’. E’ immagine ripresa dai Padri della Chiesa. Il Servo naturalmente è Gesù. Sulle sue braccia stese, sopra le sue spalle si prende il carico del male, dei nostri peccati, della cattiveria umana. Il bagaglio lo porta e lo getta lontano, ci libera mosso da misericordia. Rimane l’adorazione grata e stupita del credente.

Lettera agli Ebrei: Imparò l’obbedienza e la compassione dalle cose che patì’. Impressiona un Gesù ‘non imparato’. Anche lui è entrato in un percorso formativo. Incanta che abbia imparato non solo ad affrontare il male, o nonostante il male, ma grazie al male.

Una dura scuola. Essa può spingerci ad imparare a bestemmiare, o piegare le ginocchia, ad apprendere l’arte dell’abbandono, della fiducia , della compassione. E’ solo il patire che ci consente di com-patire, di comprendere, di provare tenerezza.

Nel Vangelo di Giovanni troviamo due sezioni: il Libro dei Segni e Il vangelo della gloria. La morte è l’epifania, lo svelamento della gloria, del ‘peso’ della misericordia di Dio. Contempliamo sulla croce un Gesù regale, trasfigurato. Nell’arresto, nel processo, e nella morte è lui che dispone e governa gli eventi. Merita proprio fare silenzio e onorare tanta bellezza… che salva il mondo!

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Viaggio in Thailandia

Ripropongo un articolo già apparso nel blog a dicembre 2015 corredandolo delle foto del viaggio in Thailandia.

ThailandiaFebbraio 2015. Mi trovo coinvolto in un viaggio missionario assieme ad un gruppetto di preti fidei donum e a un paio di laici. Meta: le due missioni animate da sei preti fidei donum delle diocesi del Nord Est Italia. Mesi prima decido di partire, non troppo convinto. Mi piace viaggiare, tuttavia non sono particolarmente attratto dall’Asia. Vengo vinto dall’insistenza del mio vescovo. Evidentemente ora mi devo ricredere. Sembrerà banale, ma il ricordo che più mi si è stampato dentro è un’esperienza di tipo gustativo e olfattivo. E’ sufficiente che ci pensi un attimo, o che senta un odore speziato e le ‘narici’ della mia memoria si attivano immediatamente. E’ un’esperienza che sintetizza la permanenza in Thailandia con tutte le sue sorprese. Ricordo di un pranzo festoso, consumato all’aperto in un bel ristorante locale, organizzato dai missionari per darci un’idea dei colori e sapori della cucina nazionale. Arrivano in sequenza quasi precipitosa piatti, vassoi e zuppiere con verdure, carne e pesce dai colori calibrati ed invitanti. All’assaggio per il mio palato, forse un po’ troppo esigente ed educato alla cucina mediterranea, un’esplosione di sapori piccanti e pungentissimi mi riempie il palato, risale per le narici, irrompe nel cervello, lasciandomi quasi stordito e disgustato da tanto eccesso e contrasto. L’appetito e l’acquolina cedono il passo al sospetto. Impossibile mi dico adattarsi. Come si fa? Troppo distante dalla mia sensibilità. La Thailandia, terra dei sorrisi e dei fiori, dove tutto parla di incanto e di serenità, nasconde sotto la pelle dei contrasti fortissimi, direi micidiali. Nel paese la rete internet e i servizi tecnologici sono all’avanguardia, ci superano di due falcate, eppure basta spostarsi con le jeep dei missionari nelle foreste del nord e si incontrano villaggi di palafitte abitati da gente povera. La vita monastica e dei santuari sembra similare a quella europea, poi ascoltando e approfondendo ci si avvede delle distanze siderali. Una sera rimango affascinato nel seguire un ragionamento fatto da un missionario circa il concetto buddhista di realtà. Per noi occidentali, figli della filosofia greca, la realtà coincide con l’esperimentabile e con la verità oggettiva, per il buddhismo theravada essa è generata dal desiderio: impressionante! Quindi: altre categorie, altre visioni, altri procedimenti mentali e filosofici dettano le regole. I visi levigati e dolci della gente, ad iniziare dalle giovani donne, vengono reintrepretati quando sentiamo raccontare di struggenti tristezze che abitano gli animi di questo popolo. Che contrasti! Come quello tra il pudore nell’abbigliamento e nelle immagini pubblicitarie in rotta di totale collisione con la famosa industria del sesso (avviata dagli Stati Uniti durante il conflitto con il Vietnam), di cui non si vede traccia esterna. Sconcertante pure lo stile evangelico dei preti italiani: ritmi rallentati e meno convulsi, amore e rispetto per la cultura e le tradizioni religiose, generosità elargita spontaneamente, affinata sensibilità per intercettare i bisogni di trascendenza. Un ‘contrasto’ deciso con i nostri appetiti e gusti pastorali di riuscita immediata e di consenso. Una storia di chiesa in uscita che non pretende di raccogliere folle, ed è felice di spendersi con gratuità, di annunciare il vangelo, l’interesse di Dio per l’uomo. Grazie cara Thailandia!

Articolo pubblicato su IRIDE, bollettino delle parrocchie di Villotta-Taiedo – Dicembre 2015

 

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Clicca per visualizzare le foto del viaggio.
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Aromi e miasmi peruviani

Ripropongo un articolo già apparso nel blog a novembre 2014 corredandolo delle foto del viaggio in Perù.

DSC_0967Metà mattina dello scorso Novembre. Siamo dieci di noi alla periferia estrema e più degradata di Lima. Ci accompagna Padre M. Un comboniano sulla sessantina, portoghese. Ci è stato segnalato da un confratello dello stesso istituto nostro amico. M. armeggia bene con l’italiano. Sembra goderne. Un ‘combi’ (pulmino), come viene chiamato da queste parti, ci scarrozza sulla collina sulla quale ora stiamo passeggiando. Non tutti se la sono sentita di salire a bordo del ‘mezzo pubblico’. Dalle nostre parti sarebbe consentito dalla legge e dalle regole dello spazio salirci al massimo in nove, oltre all’autista. Eravamo in ventidue. Il missionario divertito di fronte alle nostre facce incredule ci racconta che è normale, anzi può arrivare a caricarne altri di passeggeri. Mentre cerchiamo di sdrammatizzare, e uno di noi tiene chiusa ‘a mano’ una porta laterale, che aveva l’intenzione ad ogni sbalzo di aprirsi, iniziamo ad aspirare l’odore dei poveri. Gli occhi europei e raffinati non possono far a meno di notare con disgusto la tappezzeria lercia e sbrindellata. Appena scesi zampettiamo sulla sabbia. Nella zona da esplorare si trova un ampio e modesto capannone. La parrocchia lo ha fatto costruire per stare tra i più poveri. Qui prima dell’invasiones, come in tutta la periferia, si adagiavano e allungavano solo colline di nuda sabbia. Lima è posizionata sull’oceano pacifico e le correnti fredde del mare impediscono alla pioggia di cadere. Così sull’intera linea di costa del Paese sino a 100 e più km all’interno regna il deserto. M. ci racconta come è spuntato il quartiere. E’ una storia che si è ripetuta per tutti gli altri pezzi che compongono l’impressionante periferia. Ad iniziare dalla fine degli anni ’80 sino ai primi degli anni ‘90 sciami di famiglie sono scappate dalla foresta e dalla sierra per difendersi dalla violenza del terrorismo e dei narcotrafficanti. Arrivando, e viste le condizioni climatiche che lo consentivano, occupavano abusivamente un pezzo di terra. Bastava piantare quattro pali e stendere nelle semplici stuoie orizzontalmente e sulla sommità. Per anni presidiano la postazione e attendono con pazienza che il governo si decida a concedere la proprietà. Nel frattempo ci si organizza per sopravvivere, non essendoci acqua, né un minimo di sistema fognario e luce. Lima è costantemente sotto una inesorabile cappa grigia di nuvole e di nebbia. La sola pioggia che si conosce è la garùa quando l’umidità supera il 100%, una pioggia finissima che rimane sospesa nell’aria. Immaginatevi l’odore. Tutto il preambolo l’ho fatto per arrivare qui, all’intenso e disgustoso odore. Nulla può essere lavato e purificato, la sabbia è pullulante di malattie. Mi prende una sensazione profonda di tristezza. La percezione olfattiva richiama qualcosa come l’immondizia bruciata, miscelata a liquami stagnanti. La fantasia e la memoria mi riportano a quando bambino in campagna arrivava la stagione di ammazzare il pollame. Tutte le donne si industriavano per spennare le povere bestie, alle quali era stato tirato il collo, sbollentandole nell’acqua di grandi pentoloni in alluminio, che borbottavano sul fuoco di legna. All’inizio l’odore era accettabile, poi si traduceva in un lezzo insopportabile. Parla uno che è nato in campagna. Precisamente, eravamo in mezzadria. Gli escrementi degli animali noi bambini li avevamo sotto gli occhi tutto il santo giorno. Anzi, ci giocavamo. Non entro nei particolari perché creerei solo ripugnanza. Ma per noi allora andava bene così. L’odore della periferia di Lima supera la mia soglia di tolleranza del repellente. Eppure ne ho ‘annusate’ altre di periferie come quelle di Nairobi, dove a detta dei missionari brulicano i peggiori slam della terra, o quelle di Deli in India. Mentre Padre M. ci espone la vita dei poveri, le contraddizioni della capitale, e i progetti della parrocchia l’ammorbante fetore mi ‘penetra nel cervello’. “Che schifo!”: commento tra me. Tuttavia ascolto con molta attenzione. Quasi a conclusione del suo intervento, Padre M. abbassa la voce e ci confida, aspirando come si fa in alta montagna l’aria pulita e ricca di ossigeno: “Senti! Che meraviglia! Questo per me è vita, è ossigeno puro…”. Gli occhi gli si inumidiscono, e continua: “Se non fosse per i poveri avrei già perso la mia vocazione. Qui è una gioia, una festa per me!”. Arrossisco di vergogna. Comprendo sino in fondo, e solo ora, che significa ‘avere l’odore delle pecore’. La motivazione più forte che mi muoveva per visitare un paese latinoamericano era il desiderio di conoscere la realtà sociale ed ecclesiale. Finalmente, e commosso a mia volta, ero servito. Incredibilmente bello verificare come l’amore trasfigura anche gli odori. M. aspirava il ‘profumo di Cristo’ (2 Cor 2,15), il buon aroma del vangelo, la fragranza della sua vocazione.

 

untitledClicca per visualizzare l’album delle foto del viaggio
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Un tempo per tacere

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“Un tempo per tacere”

(Introduzione scritta da Raffaella Rosset)

La Messa “in Coena Domini” termina senza congedo, l’assemblea si scioglie e iniziano tre giorni di silenzio. L’altare spoglio, i crocefissi coperti, il tabernacolo vuoto con la porticina aperta, l’oscurità della Chiesa, le campane ferme… tutto tace. È il silenzio degli occhi, delle orecchie …è il silenzio del cuore: la Passione di Gesù è iniziata. Si inserisce in questo contesto l’iniziativa “Un tempo per tacere”, un cammino silenzioso nella notte del Giovedì Santo accompagnato da alcune soste meditative in ascolto di storie di Martiri e del Vangelo.

Silenzio e parola sono nelle mani del credente un po’ come il bastone nelle mani del funambolo in continua ricerca d’equilibrio. La quotidianità è una continua corsa che ci ritrova tutti shakerati fra suoni, immagini, rumori e parole. Presi dal vortice spesso abbiamo la sensazione di perdere l’equilibrio. Ecco che questa proposta diventa un tempo di grazia dove fare esperienza del silenzio. Nel silenzio impariamo a stare con noi stessi, a conoscerci, ad interrogarci aprendoci poco alla volta al cammino di risposta che Dio scrive nel cuore di ognuno ai nostri tanti perché davanti alle ingiustizie e alle nostre tante domande. Dio ci educa alla pedagogia della misericordia attraverso il silenzio della Croce.

Audio-commento al Vangelo al termine del cammino 

Dal Vangelo secondo Matteo (5, 38-48)

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:

“Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.

Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.”

 

 

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Linee essenziali di Evangelii Gaudium

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Audio dell’intervento di mons. Carlo Roberto Maria Redaelli – Arcivescovo Metropolita di Gorizia

Linee essenziali di Evangelii Gaudium

L’audio contiene l’intervento di mons. Redaelli nel corso del Consiglio Pastorale Diocesano a Pordenone del 18 febbraio 2015.

Mons. Carlo Roberto Maria Redaelli è stato nominato il 28 giugno 2012 Arcivescovo metropolita di Gorizia dal Santo Padre Benedetto XVI. È vescovo delegato alla Commissione per la carità della Conferenza episcopale triveneta ed è membro della Commissione Episcopale Cei per il servizio della carità e la salute e membro della Presidenza della Caritas Italiana.

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Genitori

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Intelligente e commovente, fino a farmi versare copiosissime e calde lacrime, il film di Alberto Fasulo ‘Genitori’. Alberto, regista friulano di San Vito al Tagl., sorprende con il suo docufilm girato all’interno di una stanza con un gruppo di genitori (da qui il titolo del film) con figli disabili, immergendosi tra le loro confidenze e confronti. Mi aspettavo una sequenza di interviste a genitori in difficoltà come se ne vedono alla tv in programmi di interesse sociale. Qui si va oltre. La naturalezza dei volti e delle parole, quasi come se la macchina da presa non esistesse, la cura del sonoro, il montaggio rendono la pellicola un film vero e proprio, una narrazione di storie che si intrecciano e dialogano, e…avvincono. La partenza è immediata ed intensa. Poi una impennata brusca, introducendo il tema della sessualità tra i disabili, fa salire alta la tensione. E Fasulo, che sembra aver giocato la sua carta più grossa, riesce genialmente a tenere sulla stessa altezza di attenzione tutto il percorso del film. Forse in quello che dico sono influenzato dal fatto di avere un fratello con disabilità e di conoscere personalmente una delle protagoniste. Tuttavia, piace anche a me a luci spente, nella penombra del backstage, condividere alcune considerazioni. Apprezzo moltissimo l’umanità del regista. Un uomo e professionista che evita la deriva del dolorismo e del pietismo, dando una lezione ammirevole di umanità, anche ad un prete come me. Conosco poco della vita personale di Alberto, ma la consonanza in me è evidente. Leggo dentro alla regia della sua opera una attitudine all’ascolto. Un ascolto paziente ed adulto. Colgo una mano che tocca con verità e affetto le storie dei ‘suoi’ genitori, senza forzare e violentare i protagonisti. Pur essendo un docufilm Fasulo ha saputo utilizzare al meglio il registro del linguaggio simbolico e del rimando. I figli non si vedono eppure si possono immaginare, sentendone quasi il respiro e l’odore. Straordinario l’audio che fissa tutte le variazioni timbriche ed emozionali della voce. Esse raccontano di rabbia e contentezza, di ansia e di pace, di smarrimento e di speranza. Nessun moralismo e nemmeno nessuna morale, eppure si intuisce la forte provocazione ad interrogarsi sul senso della vita. Dall’opera del giovane regista e dal gruppo di genitori mi arriva una lezione non finta, tremendamente vera, affascinante. Direi evangelica. Ovvero, dalle ferite, dalle prove della vita, dagli ‘scarti’ (come è nel lessico di Papa Francesco) si apprende l’arte della vita e la sua dignità. Di certo Dio non vuole il male e il dolore, e non gode delle tribolazioni e della morte dei viventi. Lui piuttosto agisce, come ha agito nella passione e morte del Figlio, per redimere la nostra debolezza e renderla feconda. Genitori è un film pieno di compassione, di vitalità e di speranza. Ecco perché sono grato a Fasulo e ai nostri amici che si sono aperti con libertà. Si può procedere, comunque vadano le cose, con fiducia ed ottimismo. Un giorno scopriremo stupiti la bellezza determinante degli scarti di oggi.

Articolo pubblicato su IRIDE, Bollettino parrocchie Villotta-Taiedo. Dicembre 2015

 

 

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Missione Thailandia

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Missione delle Chiese Trivenete in Thailandia

I preti “Fidei Donum” sono preti diocesani, inviati a collaborare con il clero di altre diocesi. Prendono il nome dall’enciclica “Fidei Donum” (1957), con la quale papa Pio XII dava nuovo risalto missionario alle Chiese diocesane, invitandole a inviare preti e laici per la missione.
La Conferenza Episcopale Triveneto (CET), che raggruppa quindici diocesi del Nord-est d’Italia, ha avviato una esperienza di collaborazione con la diocesi di Chiang Mai, nel nord della Thailandia, a partire dal luglio 1997. Dal maggio 2009 ne è vescovo mons. Francesco Saverio Wirà Aphornrat e conta quasi sei milioni di abitanti, di cui 46.000 cattolici.
Ai preti “Fidei Donum” del Triveneto è affidata la Missione “Regina della Pace” di Chaehom, nella provincia di Lampang e, dal maggio 2010, la cura pastorale della provincia di Lamphun.
Attualmente sono quattro le diocesi che contribuiscono con personale: Verona (Berti don Giuseppe), Padova (Rossi don Bruno, De Battisti don Attilio e Sandonà don Raffaele), Vicenza (Melotto don Pietro) e Belluno (Soppelsa don Bruno).
Le altre diocesi collaborano con l’aiuto economico e l’interessamento alle attività, con frequenti visite dei direttori dei Centri Missionari, di preti e laici. L’attuale responsabile a nome della CET (Conferenza Episcopale del Triveneto) è il vescovo di Trento mons. Luigi Bressan, mentre don Luis Canal di Belluno è il referente per i Centri Missionari Diocesani.
L’anno scorso, durante il corso annuale di Esercizi Sprituali, è nata l’idea di aprire questa esperienza ad altri sacerdoti delle diocesi del Triveneto, che volessero condividere un tempo di spiritualità e di conoscenza anche della loro missione.
thailandia 3Quest’idea si è concretizzata con l’esperienza vissuta quest’anno dal 26 gennaio al 6 febbraio. Otto sacerdoti e due laici, tra cui un medico volontario in India, provenienti da alcune diocesi del Triveneto, sono andati tra loro, sia per conoscere la loro attività missionaria, sia per mettersi, insieme a loro, in ascolto profondo della Parola.
Ognuno si è messo in gioco con le proprie esperienze pastorali o missionarie, in modo tale da costruire un clima di arricchimento reciproco.
Divisi in due gruppi, nella prima settimana di viaggio c’è stata l’occasione di incontrare le differenti realtà in cui operano: la parrocchia di Chaehom, caratterizzata soprattutto dalla pastorale con le tribù dei monti del Nord Thailandia, e Lamphun, dove c’è una piccola comunità nascente immersa in una forte tradizione buddista.
Il tutto è culminato con la preghiera e l’ascolto della Parola durante la settimana di Esercizi Spirituali guidati da don Amedeo Cristino, direttore del Cum (Centro Unitario Missionario) di Verona.

Nel video qui sotto le testimonianze dei partecipanti.

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