Vergini e dintorni

Bisogno di verginità.

Non è infrequente che il celibe o la consacrata facciano i conti con curiosità o domande da gossip nostrano. ‘Guardi che lei è un bell’uomo. Ma chi cavolo gliela messa in testa di entrare in seminario?’. ‘Senta, non mi dica che sono curioso, ma una donna interessante come lei avrà avuto chissà quante occasioni. E poi, come si fa a rinunciare alla maternità?’. Se volete sono domande un po’ banalotte, che, con risposte altrettanto arrangiate alla buona, possono essere liquidate: ‘Ok! Ma se mi sposo chi mi garantisce la riuscita?’. Il motivo che mi spinge a spendere delle considerazioni sul celibato e la verginità è il convincimento che la verginità consacrata è un dono per tutti. Il vergine grida con la sua anima e con la sua carne che Dio ha il primato, che Lui è l’Assoluto, lo Sposo, e che ogni creatura è vergine, è fatta per Dio, per vivere di fronte a Lui. Il vergine non castra se stesso, non fugge per paura dalle responsabilità della famiglia, non guarda con sufficienza e fastidio il bene della sessualità e dell’affettività di coppia. La sua è una storia di innamorato. Intende vivere e radicalizzare la vocazione centrale dell’uomo, il quale fondamentalmente è chiamato a lasciarsi amare da Dio, a ricambiarlo e ad abbracciare gli altri con la stessa tenerezza di Dio. In una stagione culturale come la nostra di smarrimento dell’identità, di vocazioni ballerine e farfalline, di progetti a tempo determinato, di inconsistenze di vario genere, il celibe offre un servizio educativo straordinario. Così il vergine per il Regno non va commiserato come il poveretto di turno intristito da una Chiesa matrigna più che madre, ma fatto oggetto di stima.

Bisogno di coerenza.

Va da sé che il prete viso pallido, il frate orso o la suora calotta polare non convincono nessuno, non sono attraenti e convincenti, e quindi falliscono nella loro pretesa di essere servizio all’umanità. Ovvero, solo autenticità e coerenza appagano, generano un celibe bello, bello anche da vedere, formano un consacrato gioioso e contagioso. Il vero celibe ce la metterà tutta per essere coerente, non per sforzo di volontà e come stringendo i denti da eroe dello spirito, ma da amante che desidera rimanere fedele alla sua vocazione, perché sa bene che nella coerenza sta la sua libertà, e perché la sua coerenza diverrà così benedizione e provocazione per gli altri. Come la verginità, così a maggior ragione la verginità vera, pura, coerente potrà essere servizio, richiamo intelligente, aiuto strategico ad un uomo occidentale che tende a trasformare l’incoerenza come la madre che gli consente di essere finalmente libero di fare quello che gli piace (bravo il nostro eterno adolescente), e di affrontare la vita con creatività e disinvoltura. Nulla è più dispendioso dell’incoerenza, del coltivare più amori in disaccordo tra di loro. Ora anche qui il celibe, che ne sa qualcosa di amore, potrà dire la sua. Se li lasciamo entrare in campo questi celibi, le probabilità di vincere la partita della vita crescono decisamente.

(Estate 2006 – dal Bollettino delle Parrocchie della Val Meduna)

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One thought to “Vergini e dintorni”

  1. Ricordo quando avvenne l’elezione di Giovanni Paolo II. Allora ero una giovane ragazza. Ricordo che rimasi sbalordita dalla sua bellezza, dal suo fascino, dal suo carisma. Quando vidi le sue immagini da giovane, in TV e nei giornali, il mio stupore e la mia meraviglia aumentarono ancora di più. Mi chiesi come aveva fatto un bel giovane così, aitante, dinamico, sportivo, con una carriera da artista aperta davanti a sé, a lasciare tutto per seguire Gesù. La risposta era evidente: la Sua chiamata era più forte di tutto il resto. Sentii gratitudine allora per quell’uomo che aveva risposto a quella chiamata, donando tutto se stesso, e rimanendole fedele fino alla fine.
    Lo stesso sentimento di gratitudine e di stima lo sento verso tutti i consacrati, per la loro generosità nel donarsi, pur con tutti i loro limiti umani.
    Detto questo però, non posso fare a meno di ripensare al Vangelo. Quando Gesù scelse i dodici, non chiese loro lo stato civile. Furono altri i motivi che lo spinsero a scegliere proprio ‘quei’ dodici e non altri. Pietro, su cui è fondata la Chiesa, sappiamo per certo che era sposato.
    Io non conosco i motivi per cui la Chiesa, ad un certo punto del suo cammino, abbia deciso che i consacrati dovevano fare voto di castità, ma alla luce della verità evangelica, penso che quella decisione sia stata del tutto arbitraria, non rispondente alla volontà di Gesù.
    Per questo motivo mi sento molto vicina anche a quei consacrati che ad un certo punto del loro cammino, non riescono più a rimanere fedeli al voto di castità perché sentono il desiderio di formare una famiglia. Agli occhi di Gesù questa era una cosa del tutto naturale, e non capisco perché per la Chiesa non dovrebbe essere altrettanto.
    Il fatto di amare la propria famiglia, non preclude la possibilità di altri tipi di amore (per la comunità parrocchiale, per il proprio Paese, per il bene comune, ecc.), ma anzi li favorisce, perché amore genera amore. Infatti l’Amore, quello vero, quello che nasce dalla sorgente inesauribile dell’Amore di Dio, ha la capacità di moltiplicarsi, non di dividersi.
    La prova ce la fornisce ancora una volta Pietro. Nonostante avesse una famiglia che sicuramente amava, non esitò a donare la propria vita per il Risorto. Ma anche la chiesa ha spesso confermato questo principio, proclamando Sante molte persone sposate.
    Forse che i medici, che curano le infermità del nostro corpo, non dovrebbero sposarsi per essere più bravi? Assolutamente no. La loro bravura dipende, oltre che dalla propria competenza, anche dall’amore, dalla passione con cui esercitano la loro professione, che non dipende dal fatto che siano sposati o meno, ma dalla qualità del loro rapporto con Dio. E’ quello che illumina tutti gli altri aspetti della nostra vita: familiare, professionale, pubblica, consacrata, ecc.
    Io penso che in questo momento in cui la famiglia fondata sul Matrimonio è in forte crisi, se i preti, che curano le infermità della nostra anima, potessero sposarsi e dare l’esempio concreto di come portare avanti una famiglia, sarebbe come accendere una lampada luminosa nel cammino della Chiesa.

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