Pescati e pescatori

Pesca

Audio Omelia 27.07.2014

Domenica 27 luglio 2014

Letture: 1 Re 3,5.7-12; Sal 118; Rm 8,28-30; Mt 13,44-52

Dal vangelo secondo Matteo
[ In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. ]
Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

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Sclerocardia

Audio Omelia 13.07.2014

Domenica 13 luglio 2014

Letture: Is 55,10-11; Sal 64; Rm 8,18-23; Mt 13,1-23

Dal vangelo secondo Matteo
[ Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».  ]
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

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Lettera aperta all’Azione Cattolica diocesana

 

ADESIONI AC 2008-2014-2019

Lettera aperta all’AC diocesana di Concordia-Pordenone

Pordenone, 7 Maggio 2014

Considerazioni associative

Le seguenti considerazioni nascono da una valutazione personale, che ambirebbe ascoltarne una associativa e approfondita, dei dati relativi alle adesioni degli ultimi anni, di cui si riporta specchietto ragionato in allegato. Le stendo senza strutturarle troppo, come una lettera indirizzata agli addetti ai lavori, ai quali va tutta la mia ammirazione, riconoscenza e fiducia.

Valutazione di una lenta, non terribile, tuttavia inarrestabile emorragia di adesioni e quindi di consenso. La presa di consapevolezza è ovvia: è sufficiente non negare i numeri. Scontata e oggettiva, ed insieme accompagnata da un sentimento di malinconia. L’AC ha dato tantissimo alla nostra Chiesa locale e alla storia vocazionale di numerosissimi laici, religiosi e pastori di Concordia-Pordenone, come della mia personale. E’ avvilente osservarne un lento declino. Mi chiedo se effettivamente stanno partendo delle reazioni sufficienti e robuste per modificarne la traiettoria imboccata. Assicuro inoltre di non cercare allarmismi inutili. Mi interessa incoraggiare a proseguire una analisi già periodicamente effettuata al ‘centro’ e che forse avrebbe bisogno di essere estesa alla base associativa, quindi non essere un argomento di quasi esclusiva competenza di Presidenza e di Consiglio diocesano. Desidero immaginare per l’AC un futuro luminoso, ‘anfora’ che versa gioiosa e generosa l’acqua del Vangelo e della misericordia, ‘pozzo’ frequentato, pur guardandomi bene dalla tentazione del proselitismo e del trionfalismo. Insomma, un orizzonte di solidità e di vitalità per il bene della Chiesa e di tutti i terreni ‘assetati’.

Nello stendere queste note, tengo presente anche il recente ascolto di alcuni presbiteri e presidenti di associazioni incontrati in due distinti punti della diocesi.

  1. L’associazione sotto il profilo quantitativo rivela una sostanziale tenuta nella proiezione dei dati. Una tenuta non esente da forti preoccupazioni essendo associata ad una perdita costante di adesioni. Una emorragia eccessiva potrebbe compromettere la tenuta dell’impianto dell’Associazione. Le ragioni del ‘dimagrimento’, ho compreso dalle interpretazioni raccolte, sono dovute alla emigrazione di educatori ACR al settore ACG lasciando il settore di partenza sguarnito ed incapace di mantenersi, alla scarsa significatività o alla mancanza vera e propria di Consigli associativi parrocchiali (il tutto viene lasciato in alcuni casi alle decisioni dei baldi giovani dell’ACR), alla crisi economica che genera difficoltà ad affrontare i costi della tessera e dei campi-scuola… Questi ed altri elementi di criticità evidenziati e riconosciuti sono rintracciabili ‘ad intra’.
  2. Esistono altri fattori, che a questo punto potremo definire ‘ad extra’. Sono variabili di cui l’AC non può esserne esente, essendo inserita in un tessuto complessivo più ampio, e sofferte anche dalle AC delle diocesi vicine di grande tradizione storica. In esso vi sono fenomeni di disaffezione ad un volontariato strutturato e di qualità, la fluidità delle relazioni, la povertà del pensiero… e così via. Dirselo non è banale. Più che cercare una consolazione, della serie mal comune mezzo gaudio, diventa una provocazione, una stimolazione ad agire con responsabilità e lungimiranza. Esiste anche un ‘ad extra’ di tipo ecclesiale, ovvero la mancanza di apprezzamento di alcuni sacerdoti, il non ascolto delle ragioni e delle idealità dei laici, una programmazione pastorale che punta sull’immediato e sull’operatività… Sono altrettanti punti da tener presente.
  3. I rimedi già escogitati li trovo assolutamente coerenti ed essenziali: investimento formativo su coloro che hanno responsabilità educative, attenzione all’identità per evitare la dispersione e la confusione, creatività nelle proposte, tesi elaborate e condivise, serietà a tutti i livelli. La mia opinione è che lo sforzo, straordinario ed intenso, si è concentrato sull’associazione in sé. Ecco il punto. E’ come se fossimo fin troppo concentrati su di noi e il nostro stato di salute che… ci ammaliamo, imboccando la strada verso una probabile anemia. E’ possibile che a furia di guardarci giustamente allo specchio per… dar la caccia ai foruncoli finiamo per gonfiarci come quelle facce che a nessuno vien voglia di guardare. La sensazione che ne ricavo è che non rintraccio una sufficiente visione progettuale inserita in un panorama più ampio. Provo a dirlo con dei quesiti. Dove stiamo andando? E come ci vedono gli ‘altri’? Perché non riusciamo ad essere così appetibili per gli operatori pastorali? Esiste una forte motivazione missionaria che ci spinge ad innovare, a pensare alle pecore di fuori uscendo incontro ad esse assieme alle ‘pecore associate’, a convertire forme, metodi, strumenti (tanto per parafrasare Papa Francesco)? Come mai quando si immagina il prossimo futuro all’interno del reticolo delle parrocchie di cui è composta la diocesi, e si pone mano alla progettazione, l’AC non viene tra le prime risorse spendibili, ma ne si fa riferimento solo di striscio? Dove è finita la forza attrattiva della nostra identità? E così via… Il mio non vuole essere un puro esercizio razionale, inconcludente, disfattista e messo lì giusto per infastidire qualcuno. Non intendo nemmeno accusare e seminare sensi di colpa. Mi piacerebbe tanto che si avviasse un ripensamento globale che includesse tutti i segmenti dell’Associazione a partire da quelli periferici, che forse non avendo un quadro d’insieme non avvertono l’urgenza di una riflessione e conversione. E’ la speranza che mi muove, che parte dai numeri senza voler far arruolamenti a tutti i costi. I numeri sono lo start di una immaginazione che va oltre… altrimenti produrrebbero ansia pagana, più che credente. Sono convinto che l’Associazione possa e debba essere una benedizione straordinaria per il futuro della nostra chiesa. Strumento bellissimo e tonico di annuncio del Vangelo.
  4. Indico di seguito alcuni passi possibili. Sono evidentemente esemplificativi e non esaustivi. Quasi una breccia dentro alla quale infilarsi, una traccia, un modo per invocare altre idee, una provocazione appunto. A) Confrontandomi con i confratelli del Collegio Assistenti, trovavamo interessante l’ipotesi di convocare una assemblea generale sull’argomento del calo ‘ponderale’. Essa potrebbe essere fissata nella zona di avvio del cammino associativo o avere delle sessioni che si distribuiscono lungo il percorso annuale, per andare… anche oltre se necessario. Coscientizzare sullo status quo e sulle conseguenze oggettive sarebbe passo necessario e operazione interessante di corresponsabilizzazione. L’AC ha tutti i suoi meccanismi democratici e definiti per impostarsi, tuttavia una tantum ritengo sia bene rompere le fila e agire in termini più veloci e liberi. B) Proporre alla Diocesi e in Diocesi il progetto dei cammini differenziati di catechesi. Significa che all’interno di un progetto di catechesi parrocchiale condiviso l’ACR si pone come un itinerario differenziato, tra gli altri itinerari presenti, per raggiungere gli obiettivi che la comunità si è data. E’ una modalità catechistica già prevista dal magistero CEI. Si tratterebbe di dialogare con l’Ufficio Catechistico diocesano. Delle premesse sono state poste dialogando con don Marino e don Maurizio che sono i nostri direttori. Don Maurizio si è reso disponibile al dialogo e alla elaborazione di una proposta concreta in tal senso. Si toglierebbe l’antipatica e ingiusta etichetta di intrattenitore di bambini all’educatore ACR, lo si qualificherebbe ulteriormente, si troverebbe un aggancio maggiore con le famiglie, visto anche che la catechesi tutta si sta spostando nel coinvolgimento dei genitori. L’operazione dovrebbe riuscire curiosa ed interessante per i preti, costantemente a caccia di operatori per la catechesi. C) Concentrarsi sul target delle giovani coppie e famiglie. Sto pensando a quelle non associate, altrimenti rischiamo di ingrassare e mettere i bigodini alla solita pecorella, forse bisognosa di snellire un tantino. Una alleanza più stretta con la pastorale famigliare diocesana potrebbe essere una strada da percorrere. A tal proposito chiarisco immediatamente che occorrerebbe andar oltre la buona abitudine di appoggiare reciprocamente i progetti messi in cantiere per ideare ‘assieme’, ex novo delle iniziative che vadano nella direzione delle coppie, che si aprono alla bellezza della vita e dell’amore o che rimangono ‘ferite’ lungo la via. Coppie e famiglie da cercare, non così vicine o addirittura assai lontane. Per recuperare un linguaggio ‘magisteriale’ che sta entrando nell’immaginario collettivo, ci possiamo chiedere: ‘Vogliamo agire nel giardino conosciuto e protetto, che cresce all’ombra del campanile, o agire nel campo di battaglia stracolmo di feriti e di voci che invocano attenzione’? D) Evitando di correre dietro ai palloncini colorati per la smania di essere a tutti i costi originali, sono del parere che sia strategico ed evangelico strutturare le proposte tenendo presente i contesti esistenziali dei nostri interlocutori reali e potenziali. I 5 ambiti antropologici individuati dal Convegno di Verona sono una intuizione formidabile che potrebbe aiutarci ad ‘uscire’, ad essere estroversi e creativi, a pensarci ‘partendo’ dalle periferie, dai bisogni e povertà che emergono. Tradizione, lavoro e festa, fragilità, affettività, cittadinanza contengono delle ‘porte’ che Dio sta varcando, o meglio che può varcare se gli diamo una mano. In questo senso papa Francesco sta mutando il clima pastorale, la ‘postura’ della Chiesa. Tuttavia le strade da percorrere sono lasciate evidentemente alla concretezza delle situazioni, alla nostra libertà. Una voce profetica alzata dall’AC, una sua intraprendenza missionaria potrebbe costituire un servizio di amore per tutti, e convincere anche i più riluttanti che è furbo farsi dare una mano all’AC e dare una mano all’AC.

Don Fabrizio

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Stabilità e dinamicità

Audio Omelia 29.06.2014

Domenica 29 giugno 2014

Letture: At 12,1-11; Sal 33; 2 Tm 4,6-8.17-18; Mt 16,13-19

Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

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Missionarietà ‘aperta’

Audio Omelia 22.06.2014

Domenica 22 giugno 2014

Letture: Ger 20,10-13; Sal 68; Rm 5,12-15; Mt 10,26-33

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.
E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.
Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!
Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».

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Trinità, ovvero viscere di misericordia

Audio Omelia 15.06.2014

Domenica 15 giugno 2014

Letture: Es 34, 4b-6. 8-9; Dn 3,52.56; 2 Cor 13, 11-13; Gv 3,16-18

Dal vangelo secondo Giovanni
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

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Una ‘consegna’ per evangelizzare

La consegna del Progetto Pastorale Diocesano, unitamente alla presentazione delle nuove foranie e di alcune scelte che riguardano luoghi e strutture della nostra Chiesa locale, ci consentono di stendere alcune valutazioni pastorali. Titolo del Progetto: ‘Comunità che annuncia e testimonia’. Andiamo così a chiudere un percorso triennale sulla fede, in felice coincidenza con l’esortazione Evangelii Gaudium (EG) di papa Francesco che sembra ‘scappare’ in avanti di una ventina d’anni. Mi concentro qui sui termini ‘Evangelizzazione’ e ‘Nuova Evangelizzazione’. In EG c’è quasi un ‘depotenziamento’ dell’espressione ‘Nuova Evangelizzazione’ (nemmeno 10 volte) a vantaggio dell’espressione ‘Evangelizzazione’ (almeno una novantina di volte). Sembra quasi si voglia svincolarsi dall’impressione che si tratti di rievangelizzare facendo argine contro una secolarizzazione montante. Emerge piuttosto la volontà di mettere la missione al centro, al centro di tutta l’azione della Chiesa. L’evangelizzazione è il ‘paradigma’ per comprendere la natura e la vocazione della Chiesa. Abbracciata nel suo insieme e vista in ogni suo singolo atto pastorale la Chiesa è fatta per annunciare la bellezza del Vangelo. E’ una visione teologica ed ecclesiale da una parte, ma anche nel contempo pastorale e programmatica. Insomma l’evangelizzazione è il cuore pulsante. Esso dovrà ‘stringersi’ attorno al Signore Gesù e alla sua Parola, e ‘dilatarsi’ sul mondo. Si noti come il magistero pontificio insista sulla cura di una relazione di fede autentica, che sta ben in guardia da intimismi caramellosi, e su una Chiesa in uscita, fiduciosa e libera. Tuttavia papa Francesco non rottama la ‘Nuova Evangelizzazione’, anzi al di là della modalità espressiva incoraggia e traccia lui stesso forme di novità. L’Evangelizzazione appare allora nuova perché gioiosa, coraggiosa, intraprendente. Essa non rimane bloccata da stupidi timori e stanchezze ripetitive. A proposito di numeri, la parola gioia è la più frequente nel vocabolario di Francesco. Nuova ancora perché narra il mistero della misericordia di Dio. Prima dei dogmi e dei principi etici, l’evangelizzatore condivide l’esperienza dell’incontro vivo e commosso con la tenerezza del Risorto. Il Vangelo ci spinge ad andare verso le periferie, a recuperare coloro che si sentono ‘rifiuti’, a segnalare che è possibile amare superando la cultura del provvisorio. Infine, la novità la rintraccio nell’esortazione ad essere creativi, non stanchi e ripetitivi, ad assecondare la fantasia dello Spirito. Non è un colpo di genio ‘missionario’ (e quindi non solo diplomatico) l’idea di invitare ‘a casa’ i leaders israeliano e palestinese? Mi ha fatto pensare la battuta di un confratello di una diocesi vicina. Parlavamo di consegne di Progetti Pastorali e mi esce dicendo: “Mamma mia! Ogni anno la diocesi ci snerva. Sempre cose nuove da fare. E’ ora di smetterla!”. Credo che il punto non stia nel fare o nel non fare più o meno cose. Chi ama e si sente amato non può stare fermo. Avverte il bisogno di condividere la sua gioia e troverà il modo per farlo. Non smette, mai! Il Progetto Pastorale Diocesano sarà allora povero, ma utile strumento perché si possa esclamare: “Come sono belli i piedi del messaggero di lieti annunzi!” (cfr Is 52).

 

 

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