Zoran Zagor

‘Zoran il mio nipote scemo’, film in visione attualmente nelle sale d’essai, mi ha incuriosito. Ne aveva parlato Famiglia Cristiana. Giuseppe Battiston, il protagonista principale, è friulano ed è friulana la prevalenza del set. Così me lo sono gustato con un gruppo di amici. L’overture può stomacare. Osterie, bicchieri di bianco e di rosso che vengono svuotati senza posa, avvinazzati d’altri tempi accompagnati da ‘villotte’ alcoologiche sembrano aprire uno spaccato sulla piaga del vino e… farlo senza rispetto e sensibilità per quanti la soffrono o l’hanno sofferta. Il tutto poi accentuato dalla brutalità del protagonista, anch’egli dedito a bevute quotidiane forsennate. Uno scenario dal quale in ogni caso emergono profili di umanità che commuovono, che fanno ridere e piangere insieme. Il fastidio iniziale lascia il posto, adagio adagio, alla distensione, al buonumore e alla speranza. Colpisce il mistero che la ‘storia spezzata’, la fragilità, l’esperienza di abbandono, porta con sé.

Paolo vive il dramma di una dipendenza da alcool disperata. È un quarant’enne con un matrimonio rotto alle spalle. Un insensibile patentato che con ogni probabilità è figlio della insensibilità, di un background famigliare di rifiuto. Un uomo spezzato che tende a spezzare, non solo metaforicamente, tutto e tutti. Compresi gli amori evidentemente più cari, e gli amici. Compreso un nipote sloveno che non sapeva di avere: Zoran appunto, ribattezzato grottescamente in Zagor. L’adolescente Zoran sembra condividere lo stesso retroterra dello zio.  È come un relitto, uno scarto consegnato nelle mani dello zio e in balia dello stesso. Storie spezzate che entrano in collisione tra di loro. Il tutto risulta essere una vicenda squallida di devianza sociale che produce altra devianza  e sofferenza. Una catena maledetta. Eppure sarà proprio il rifiuto, una ulteriore crisi, anzi un assommarsi di spaccature che ‘sveglierà’ il Paolo dal suo torpore, che ne farà uscire tutta la sua carica di umanità, di dolcezza e di bontà. Lo rigetta la ex moglie, che aveva ritentato di conquistare. Si becca una bella lavata di testa dall’amico del cuore. Una porta sbattuta in faccia da un collega di lavoro e la stessa ribellione del nipote faranno il resto. Paolo inizierà a sdrammatizzare, a ridere di gusto, anzi a crepapelle. Guarderà con occhi nuovi e affettuosi il nipote. Gioirà, forse per la prima volta in vita sua. Prende consapevolezza della sua meschinità e del suo cinico egoismo e nel contempo avverte che la vita riluce, contiene una bellezza che incanta. Essa lo meraviglia, quasi per contrasto. È lo stesso dolore che lavora, ora in senso opposto. La vita spezzata, o meglio nella vita spezzata può abitare una grazia grande. Proprio un bel film di Natale!

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