Iride

Il simbolo visivo dell’iride richiama l’occhio, il guardare, l’osservare, la vista insomma. Lo intendiamo come senso esterno ma anche e soprattutto come senso interno, ovvero come capacità di discernere, di vagliare, di cogliere la verità. È il simbolo che abbiamo deciso come rappresentativo del Bollettino.
Sarà un occhio, o meglio saranno ambedue gli occhi aperti sulla comunità e aperti e interessati nel contempo sulla realtà che sta all’intorno. E per continuare, il nostro strumento di comunicazione è una finestra aperta che consentirà a quanti circolano sulla soglia, di sbirciare dentro, di incuriosirsi, di condividere progetti e sogni che ci abitano. Suggestivo a tal proposito lo splendido testo di Luca che narra l’unzione di Gesù da parte di una peccatrice (intendi fragile, forse non proprio prostituta nel caso specifico). La scena è commovente e sensuale, dall’atmosfera avvolgente e orientale. Tutti i sensi sono implicati e coinvolti. La donna si presenta da dietro e piange. Il verbo si applica per la pioggia e al pianto, unito al lamento e al singhiozzo. È quasi una fontana di lacrime. Si attiva l’udito. Le lacrime calde cadono sui piedi, che vengono asciugati strofinando i capelli e baciati. Si mette in moto il tatto. Vengono cosparsi di profumo, è agganciato l’olfatto e anche il gusto. Il profumo è dolce e pungente. A questo punto Luca mette in campo la vista, descrive l’occhio di Simone. ‘Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: “Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice”’ (cfr Lc 7,36-8,3). L’occhio di Simone è malato, dallo sguardo distorto, superficiale, sprezzante, incapace di cogliere la profondità, la verità. Simone non si coinvolge nel mistero, non lo afferra. Non vede che Dio è venuto a cercarsi ciò che era perduto, ciò che viene disprezzato e che sembra irrecuperabile. Non vede la misericordia. I suoi sensi esterni ed interni sono mal funzionanti, come paralizzati e bloccati. Poveretto! La sua iride è offuscata, il suo sguardo impuro e cattivo. Tutto questo per dire che ci piacerebbe guardarci, guardare e lasciarci guardare con occhio limpido, penetrante. Cogliendo il bello, che possiamo ascoltare, annusare, toccare, gustare, e vedere, raccontandolo e condividendolo. È un esercizio che ci può portare lontano, dagli esiti sorprendenti. Ho incontrato da poco un cinquantenne ormai in fase terminale avanzata. Con un sorriso appena accennato, mi confidava con un filo di voce che i suoi famigliari erano disperati e inorriditi della sua magrezza e degli infiniti cateteri. Li compativa quasi! Infatti lui vedeva nei tubicini, nelle flebo e nelle dosi di morfina, nelle lenzuola cambiate, nelle spondine, nelle visite mediche e famigliari, nelle mani che lo toccavano i… colori della vita! “È bellissimo, vedo cose meravigliose. Intorno a me e davanti a me c’è solo luce!”.
Buona lettura!
Don Fabrizio

(Articolo pubblicato nel Nr.1 di ‘Iride’ – bollettino della parrocchia di Villotta-Basedo, giugno 2013)

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