Abbasso i preti che fanno politica!

‘Abbasso i preti che fanno politica e a tutti i cattocomunisti!’: così si sente mormorare o dichiarare ad alta voce anche nei nostri ambienti pastoralnazionali. Può esserci del vero. Infatti ci sono in circolazione cert’uni che trasformano le omelie in proclami elettorali o in programmi amministrativi. Non mancano poi, macchiette antiche e nuove, coloro che distribuiscono i fatidici ‘santini’ sopra la scrivania delle canoniche o spudoratamente al mercato paesano. In ogni caso, se togliamo l’anima politica e sociale al Vangelo, nella sua accezione alta e nobile, noi sfiguriamo il Vangelo stesso, lo deformiamo, lo riduciamo ad esercizio di pietà intimistica. La pagina della moltiplicazione dei pani e dei pesci è incontrovertibile. E’ testo di riferimento essenziale che assieme ad altri capitoli biblici rivela il pensiero sociale di Dio, la sua visione della città degli uomini. Lui domanda ai suoi figli, educandoli effettivamente e simbolicamente, la fraternità e la condivisione. Ieri, mentre consumavo la mia frugale cena serale, non per mancanza di cibo, ma forse per smanie dietologiche, sono sobbalzato sulla sedia disgustato ed incredulo. Il noto TG1 dopo 13 minuti di cronaca passa con sgradevole nonchalance al gossip estivo. Possibile!?! A ricordare l’urlo dei disperati nel corno d’Africa rimane solo il nostro Papa all’angelus domenicale? Ingioiellato alla bavarese via, come taluni sogghignano, ma tuttavia coerente e preoccupato. Dov’è finito il cattolicesimo sociale di inizio ‘900? E’ rimasto materiale per cultori delle foto in bianco e nero e per qualche appassionato di storia locale? ‘Voi preti occupatevi delle anime delle vecchiette, vicine alla meta finale! Lasciate che la politica la facciamo noi, maschi!’: bordata ricevuta a ripetizione da un amico, rappresentativa però di tutto un umore da retrobottega della nostra società e anche dei nostri ambienti parrocchiali. E chi sono i preti? Forse un terzo genere, neutro e asessuato, collocato tra femmine (o meglio vecchiette) e maschi? E che cos’è il Vangelo? Forse camomilla per vecchietti e donnine confuse?

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Partendo da Buddha

Bali-BuddhaOggi mi sono imbattuto in alcune immagini di Buddha selezionate da Google. Ricordo con lucidità la guida, preparata e puntuale, di un mio recente viaggio in India. Ci aveva fatto notare che il ritratto reale e originale di questo famosissimo riformatore dell’induismo era quello di un uomo sottile, asciutto, nemmeno lontano parente di certe rappresentazioni grassottelle del famoso ‘illuminato’. Il Buddha obeso quindi era merce per i turisti, per l’immaginario religioso di quanti amano un sacro opulento, fecondo, extralarge. Esiste allora un Buddha iconografico falso, turistico, superficiale, stereotipato. Sono del parere che il cattolico medio si porta in testa un sacco  e una sporta di stereotipi, di idee distorte e superficiali. Roba per turisti del sacro appunto, non per cercatori veraci. Uno di questi stereotipi è quello sull’umiltà che nulla ha a che fare con l’umiltà biblica. Qualcosa insomma di sgradevole, a meno che uno non ami le tinte grigiastre. Uno stato dell’anima che rimanda a sottomissione, a timore, a timidezza cronica e antipatica. Oppure ad una sorta di assenza di turbamento e di desiderio dell’anima che si esprime con un sorrisino innaturale sulle labbra, come certi Gesù oleografici così tanto popolari, a conferma dello stereotipo di cui parlavamo. Proviamo a guardare dritto in faccia Lui, il Gesù  storico al di là del fatto che si sia o meno credenti. Interessante leggere con attenzione il capitolo 11 di Matteo. Egli esalta i piccoli e gli umili di cuore. Lui stesso indirettamente si presenta come il piccolo e l’umile per eccellenza. Tuttavia non c’è ombra di incoraggiamento al servilismo, alla pusillanimità, alla remissività, al silenzio tipico dell’ultimo della fila. Non loda l’ignoranza e l’imbranataggine. Direi che non predica una calma surreale più vicina al Buddha orientale, dal quale siamo partiti, che hai suoi reali stati d’animo. La sua non è un’umiltà edulcorata, inalterata, eccessivamente beata ed angelica. Immediatamente prima delle sue battute sull’umiltà ci sono delle sferzate violente e spietate sulle città arroganti e quasi inconvertibili, la sua condanna quasi senza appello portata senza freno. E allora dov’è la sua bontà e umiltà? L’umiltà biblica allora è esercizio di un cuore intraprendente, libero, coraggioso e appassionato. E’ il Figlio che decide di obbedire al progetto del Padre, alla verità. E’ colui che mette al centro non il suo ombelico, ma la saggezza, la Torah, il mistero della vita. Questa è umiltà, l’essere relativi ad un Altro, o almeno al bene, a ciò che è giusto e che merita di essere scelto. Una calma troppo eroica, o una mitezza che non conosce  fremito dovrebbe insospettirci, altro che essere considerata virtù dell’uomo senza peccato originale. Prima o poi la falsa modestia, l’umiltà insincera viene allo scoperto. Il teatrino non regge e magari ci si scopre risentiti, smaniosi, scontenti, ambiziosi. Oppure ci conduce a svilirci, ad inaridirci per congelamento di energie. Forse a stufarci d’essere umili con modalità da repertorio nostrano, ma lontane dal fascino e dalla bellezza dell’essere autenticamente poveri  e piccoli. Ricordo quando ero in piena crisi narcisistica, respingevo con gentilezza al mittente ogni genere di complimento, interpretavo la parte dell’umile, ma segretamente godevo perché mi beccavo altri 5 punti nel sentir bisbigliare: ‘Caspita, che uomo, che prete! Tutto per gli altri, dimentico di sé!’. Capirai! L’umile ha la libertà di lasciarsi amare, anche e soprattutto quanto l’affetto viene gratuitamente al di là dei propri meriti. L’umile gioisce se viene riconosciuta la sua coerenza con il bene. Gli piace che l’attrazione per il bene sia stimata, dimostrando di non girovagare per elemosinare gratificazione in modo sottile, ma di essere contento d’aver fatto un servizio alla verità, che lui ama e alla quale fa la corte… da intraprendente!

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Musone

‘Egli si indignò, e non voleva entrare.’ (Cfr Lc 15). E’ la reazione del fratello maggiore nella parabola del Padre misericordioso. Si arrabbia forte il nostro amico. Si impunta, si irrigidisce, è tutto tranne che il volto della misericordia. Ho sentito un predicatore dissertare sulla ‘violenza dei giusti’ di cui il fratello maggiore è un degno rappresentante della confraternita. A mio parere è un autentico disastro psicologico, relazionale e spirituale assieme. Invidioso perché il minore se l’è spassata con le prostitute e dopo essersi divertito si gode pure la festa del Padre. Geloso dell’accoglienza del Padre. Ingrato ed incapace di gioire di tutto ciò che condivideva con il genitore. Gelido, infatti non dice ‘mio fratello’, ma ‘tuo figlio’. E talvolta questo disastro lo siamo ad iniziare da noi stessi. Ricordo che, quando a 32 anni scoprii il mostro che si agitava nel mio mondo sotterraneo, volevo prendermi a sberle, a calci. Mi sarei ‘strangolato’ se avessi  potuto, senza avvedermi di recitare la parte del fratello maggiore risentito e arrabbiato. Solo allora ho compreso sino alle lacrime quanto è terapeutico ed evangelico imparare a perdonarsi e a non avere troppa fretta di convertirsi.

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Umiltà del cavolo

‘Non metterti al primo posto!’ (Cfr Lc 14). Bello insolente questo Gesù, santamente trasgressivo. Non teme di mettere in imbarazzo e di creare disagio. Una straordinaria lavata di testa per il notabile fariseo e la sua ghenga. A Gesù ovviamente non sta a cuore il galateo, ma la regola della vita, in questo caso specifico l’umiltà. A tal proposito, io credo che ci portiamo appresso una immagine distorta di umiltà, per nulla biblica e accattivante. Roba per rinunciatari e miserabili. Ho incontrato alcuni che venivano additati come umili ed in realtà erano solo timidi, imbranati, paurosi. Di quelli che fanno comodo perchè non danno fastidio a nessuno. L’umile secondo il cuore di Dio è uno che naturalmente  rinuncia  a fare lo sbruffone e il presuntuoso. Ed in chiave positiva, è un tipo che decide di dipendere dalla Verità e che per essa cede il primo posto. Quindi, proprio perchè dipendente da essa, diviene anche coerente, convinto, sicuro, fiducioso e… gioioso. Che pena allora certe nostre deformate rappresentazioni dell’umiltà, e quanto interessanti e fresche le versioni bibliche dell’umiltà, ad iniziare da quella di Gesù. Lui libero di dipendere totalmente, fiducioso, forte e mite.

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Vigilare!

‘Vegliate e tenetevi pronti’ (cfr. Mt. 24). Raccomandazione utile ed intelligente in questa fase di fine Estate dove si rischia di mandare anche la fede a fare la nanna oppure ci si ributta negli affanni quotidiani in modo scriteriato ed impulsivo. Vegliare che non va confuso con una sorta di attesa allucinata. Piuttosto si tratta di un atteggiamento credente, di chi scruta e cerca di intercettare i passi del Signore che si muove nel nostro giardino. Chi veglia in questo modo saprà riconoscere la Sua presenza in ogni frammento di vita, anche quello più umile e discreto. Non starà all’erta solo nelle occasioni solenni e straordinarie. Il Signore ama farci visita attraverso le mediazioni classiche (Parola, Sacramenti, Chiesa…), ordinarie (cuore, eventi, emozioni, persone…) e sovente attraverso il mistero della povertà e dell’inatteso (poveri, peccato, dolore, notte dello spirito…). Non c’è allora tempo per annoiarsi e per attendere invano!

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