Il virus lavora in modo subdolo e sporco. Blocca come sabbia sottile e asciutta i meccanismi respiratori, sociali, economici, ecclesiali… inesorabile e ad h24. Chi ci libererà da questo male occulto? Si ha come la percezione di trovarsi di fronte ad una tenebra ondeggiante ed invisibile che inquieta e ferisce. Tuttavia, in uno scenario di desertificazione esteriore e di tristezza interiore possiamo scrutare con occhio sapiente e credente… per scorgere che anche Dio è al lavoro. Egli non desidera la morte e la sofferenza dei suoi figli, ed ha pensato tutto per l’esistenza (cfr Sap 1,13-14). Ed ora sostiene assicurando energia a quanti lavorano negli ospedali e nei presidi medici da operatori della salute, incoraggiandoli e muovendoli alla compassione; custodisce nella responsabilità e nella reattiva compostezza coloro che si dedicano ai servizi essenziali dell’alimentazione, dell’energia, della sicurezza, del trasporto. Il morbo pandemico lo stiamo arginando, combattendo, affrontando nel mobilitare le migliori risorse politiche, scientifiche, professionali. Alle severe e necessarie restrizioni alle libertà individuai e collettive stiamo rispondendo in modo intelligente prendendoci cura della nostra salute e di quella altrui ad iniziare dal rispetto delle lontananze spaziali. Vi è abbondanza di materiale e di motivi per intonare un salmo di gratitudine e di lode poiché non siamo lasciati a noi stessi e alla nostra impotenza. Inoltre, ad uno sguardo di fede, non sfugge che lo Spirito di Dio sta armeggiando per trasformare questo tempo in un’opera formativa: c’è molto da apprendere per umanizzarci e ritrovare il senso del vivere. Possiamo riprendere contatto con la nostra finitudine smettendola di atteggiarci a patreterni; riandare all’essenziale delle cose e delle relazioni; recuperare la consapevolezza di un destino comune che ci trova legati e cittadini del mondo; allenarci alla solidarietà che spezza sospetti e chiusure; ritrovare la fiducia e la libertà di affidarci nella preghiera di intercessione; sguinzagliare la fantasia e la creatività educativa, associativa, liturgica, pastorale; gustare il silenzio e beneficiare persino della noia La terra e la sua storia non sono sul baratro del nulla, assomigliano piuttosto ad una donna incinta che sta attraversando le doglie del parto (cfr Rm 8,22). Sarà certamente questa una ‘Quaresima’ forzata e alternativa dalla quale uscire nuovi e migliori.
Don Fabrizio
Articolo pubblicato su “Newsletter 2020” – MLAC