Transizione e conversione ecologica

Le due prospettive, la prima culturale e politica – la transizione ecologica – mentre la seconda tipica del magistero bergogliano – la conversione ecologica -, pur partendo da presupposti differenti non sono divergenti, anzi! Entrambe si riconoscono, si rinforzano, si cercano e si stanno alleando nella riflessione e nella prassi. I movimenti ecologisti e green del secolo scorso, nati come reazione ai disastri ambientali dovuti al cambiamento climatico, all’inquinamento e alla voracità energetica, da aggregati di nicchia si sono trasformati in sensibilità culturale diffusa. L’attivista Greta Thumberg e i correlati Fridays for Future sono una espressione iconica ed efficace di una attenzione planetaria sempre più condivisa.
Non solo, la passione ecologica sta generando azioni creative e articolate di cittadinanza attiva – tra le quali possiamo annoverare il “Contest di progettazione sociale Mlac” -, insieme a progettualità politica strutturale (vedi l’agenda ONU 2030). Ovviamente con tutte le contraddizioni e i ritardi del caso che conosciamo. L’obiettivo è di invertire la rotta ecologica, attivando politiche, prassi, stili di vita che abbiano con la terra un impatto sostenibile e responsabile.
L’oikos,casa comune e bene comune, se trattato con intelligenza etica ci consente di esperimentare la gioia della vita fraterna, e nel contempo di consegnarlo come eredità integra alle generazioni che
attendono. Andando ai fondamentali teologici che riguardano il rapporto uomo e ambiente, incontriamo nel libro della Genesi gli imperativi soggiogate e dominate la terra (cfr. Gen 1,28). Essi possono dare l’impressione di un approccio di timbro predatorio e addirittura di considerarlo legittimo. Ad una lettura meno superficiale si scopre che l’uno è legato all’esplorazione di un territorio sconosciuto (soggiogate), mentre l’altro (dominate) all’attività affettuosa e solerte del pastore buono. Si coglie perciò una esortazione ad entrare nel giardino della creazione con stupore, gratitudine, intraprendenza e assennatezza. Poco oltre, nel medesimo libro biblico, ci imbattiamo nei verbi coltivare e custodire (cfr. Gen 2,15). Vanno presi come altre due coordinate che Dio consegna all’uomo, integrando ed ampliando le precedenti. Suggestivo risulta il sapere che l’azione del coltivare viene presa dall’ambito liturgico e quella del custodire dalla fedeltà all’alleanza che corre tra Dio e l’uomo. Agli occhi del credente il lavoro appare come una preghiera, un canto liturgico, una trasformazione e una offerta celebrativa, ed insieme la cura e la custodia si caricano di senso relazionale, vale a dire vengono interpretati come obbedienza ai comandi e ai piani di Dio: è Lui il primo ad aver cura e a custodire. Da queste poche note, che andrebbero allargate in uno studio serio e approfondito, si evince già come la conversione ecologica si fondi su una relazione di fede. Lo sguardo credente e contemplativo sulla creazione non ci distrae con visioni romantiche e fughe dalla storia, infatti ci spinge alla partecipazione e al servizio, fornendoci motivazioni, obiettivi e passione.

Inoltre, il magistero che sostiene e argomenta la prospettiva della conversione ecologica si approccia all’ambiente in una visione – e quindi in una strategia – integrata e sistemica, arrivando a coniare la felice espressione di “ecologia integrale”. Tutto in fondo è connesso (cfr. Laudato si’) e in rapporto reticolare tra ambiente, culture, economia e politica. L’interpretazione globale nel pensiero teologico e sociale evita la frammentazione; riesce a cogliere nella crisi etica e nella tecnocrazia dominante, con una analisi lucida e profetica, la radice dei guasti planetari; in aggiunta favorisce una attenzione ai più svantaggiati, generati dalle emergenze ambientali e dalle conflittualità sociali. Non ci si scordi che i piccoli e i crocifissi sono i prediletti di Colui che ha immaginato e creato tutte le cose. Fenomeni come la pandemia o il più recente e pericolosissimo scontro bellico in Ucraina andrebbero affrontati con gli strumenti offerti dal magistero, intuendo alla fine che la terra e l’uomo domandano una conversione, un “contest” (gara) di immaginazione, una ideazione dando gambe a nuovi modelli di abitare, di cura, di incontro fraterno.

Don Fabrizio De  Toni

Assistente centrale Settore adulti AC e Mlac

articolo pubblicato su

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