La lectio divina che trasforma la vita

Pochi sanno che la lectio divina, la lettura credente o, se si preferisce, pregata della Parola è… preghiera. Non solo viene riconosciuta come una pratica spirituale, altamente raccomandata dal Concilio Vat. II, che la definisce ‘lettura spirituale’ (DV 25), ma è una forma di preghiera essa stessa. Anzi, per certi versi, da una prospettiva biblica, è la preghiera.

            Normalmente la preghiera, la relazione con il Signore, la immaginiamo come una linea che va dal piccolo all’immensamente grande, dalla creatura al Creatore, dall’uomo a Dio, che sale come una freccia in verticale, cosa certamente corretta. Tuttavia, indagando nella Scrittura, la preghiera prima ancora dovrebbe essere esattamente l’inverso. L’orazione si sviluppa come un movimento che procede da Dio verso l’uomo. Dio prende la parola, non se ne sta muto e desidera che i figli si pongano in ascolto. Quindi, può essere idealmente concepita come ascolto fiducioso della Parola. A conferma di tale limpida verità, rammentiamo che le prime due parole del ‘Padre nostro’ ebraico (il celebre Shemà), da recitarsi al risveglio del mattino e alla sera prima di coricarsi, sono esattamente: “Ascolta Israele”. Se ci pensiamo bene, il Signore stesso prende le parti di un affettuoso e paziente genitore con i piccoli di casa per ragguagliarci: “Sentite un pò! Prima di chiedere che Dio ci ascolti, mettiamoci noi in ascolto di Dio. Questa è la preghiera migliore!”.

            Ha un gran bel daffare Papa Francesco nell’insistere sulla lettura del vangelo. Lui stesso, con pratiche ultra concrete, alla latinoamericana, ha distribuito ripetutamente piccoli vangeli in versione tascabile. Quasi un gesto educativo per incoraggiarci alla preghiera per eccellenza. Ricordo come nel dopo Concilio ci fu un pullulare di gruppi del Vangelo, incontri biblici, percorsi di esegesi, e più tardi gruppi veri e propri di lectio divina, che tuttavia rimasero su un piano di interesse prevalentemente culturale per la Sacra Scrittura, ma non innescarono una consuetudine diffusa e popolare di lettura pregata della Parola. Rigorosamente ragionando, l’assenza di tale pratica fu e si rivela tutt’ora un disastro pastorale e formativo. Il Concilio stesso riporta in merito una lapidaria sentenza di San Girolamo, un gigante tra i Padri della Chiesa: “L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo”. Terribile!

            In una Unità Pastorale ho avuto la grazia di sperimentare per tre anni consecutivi, senza interruzione nemmeno estiva, ogni settimana, la lectio divina sulle letture domenicali. Lettura, meditazione, orazione, contemplazione erano i passi ripetuti per ascoltare i testi. La sana abitudine e il ritmo consentirono ad alcuni giovani e adulti che vi parteciparono di apprendere una lectio divina individuale e quotidiana, della durata di tre quattro minuti non di più, sul vangelo del giorno. E i frutti non tardarono ad arrivare. Posso testimoniare con gioia consolante di aver toccato con mano quanto sia vera l’espressione ‘Scripturae faciunt christianos’ (le Scritture fanno i cristiani), che parafrasa un passaggio di San Agostino. Tra gli argomenti che utilizzo per ribattere all’obiezione che la lectio divina è una proposta buona e possibile solo per monaci, preti e suore, ma non per laici presi dal vortice dell’epoca post moderna, questo è quello che utilizzo maggiormente, essendo esito di una esperienza diretta.

            Ecco perciò la prima trasformazione operata dalla lectio divina, dalla preghiera con e del Vangelo. Si può superare una devozione fatta di preghiere mandate a memoria, di rosari, di novene, di pellegrinaggi, di gesti rituali per approdare ad una devozione che, senza smettere ciò che ha imparato, lo integra dandogli radici e solidità con la preghiera della Parola, la quale a scanso di equivoci per l’ennesima volta va precisato essere preghiera per antonomasia.

            Ve ne è una seconda di trasformazione da mettere in evidenza, che riguarda il discernimento. Mi impressiona come nell’affrontare le sfide della vita accada che non di rado si smarrisca la capacità di una lettura di fede, anzi come talvolta si perda in umanità e ci si dimentichi addirittura del buon senso. Ecco la necessità e l’urgenza di trasformare il cuore, di renderlo sensibile sino a provare gli stessi sentimenti e gusti del cuore di Gesù. La lectio divina obbedisce dopo tutto alla dinamica e al metodo che gli adulti di AC conoscono da tempo nei loro percorsi formativi, ovvero all’interazione ‘vita-parola-vita’. La Parola letta e ascoltata da credenti funziona come una chiave che permette di ‘aprire’, di decodificare la vita con il suo mistero. Nel salmo 199, il più lungo di tutto il salterio, al versetto 105 si recita: “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino”. Nell’antica Roma esisteva la figura del ‘servus lampadarius’. Egli precedeva i padroni di notte di qualche metro, non di più, con una torcia per favorire l’appoggio sicuro dei passi.

            Senza voler eccedere e prendersi delle indigestioni per scorpacciate bibliche, invito a sperimentarsi e a ritagliarsi tre minuti quotidiani per scrutare la pagina evangelica del giorno. Sarà come la porzione di manna nel deserto per avanzare nel cammino nutriti e fiduciosi. La Parola adagio adagio trasfigura. Non per nulla, “la mia dottrina… come pioggia leggera sul verde, come scroscio sull’erba” (Dt 32,2), purifica le motivazioni, orienta, converte, sagoma i desideri, plasma la sensibilità, modifica i gusti tanto da poter assumere il medesimo ‘palato’ di Cristo. Non si pensi che questa sia meta riservata ad anime elette o a mistici inarrivabili. Paolo nella lettera ai Filippesi, la comunità preferita, esorterà tutti i cristiani, nessuno escluso, con la celeberrima espressione: “Abbiate in voi i medesimi sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5). Una interiorità educata evangelicamente saprà operare un discernimento evangelico, appunto. Non cadremo in valutazioni rozze, in una spiritualità mondana e tiepida, vittime di idolatrie che ci allontanano da Dio e da ciò che è vero, buono e giusto. Una trasformazione in profondità germoglierà e fiorirà all’esterno, maturerà i frutti del Regno nella porzione di storia affidataci. Provare per crederci e… sarà primavera!

don Fabrizio De Toni

Assistente Nazionale del settore Adulti di Azione Cattolica

(Articolo tratto dalla rivista trimestrale dell’Azione Cattolica italiana Segno nel Mondo – n. 3/2019)

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