Ripropongo un articolo già apparso nel blog a dicembre 2015 corredandolo delle foto del viaggio in Thailandia.
Febbraio 2015. Mi trovo coinvolto in un viaggio missionario assieme ad un gruppetto di preti fidei donum e a un paio di laici. Meta: le due missioni animate da sei preti fidei donum delle diocesi del Nord Est Italia. Mesi prima decido di partire, non troppo convinto. Mi piace viaggiare, tuttavia non sono particolarmente attratto dall’Asia. Vengo vinto dall’insistenza del mio vescovo. Evidentemente ora mi devo ricredere. Sembrerà banale, ma il ricordo che più mi si è stampato dentro è un’esperienza di tipo gustativo e olfattivo. E’ sufficiente che ci pensi un attimo, o che senta un odore speziato e le ‘narici’ della mia memoria si attivano immediatamente. E’ un’esperienza che sintetizza la permanenza in Thailandia con tutte le sue sorprese. Ricordo di un pranzo festoso, consumato all’aperto in un bel ristorante locale, organizzato dai missionari per darci un’idea dei colori e sapori della cucina nazionale. Arrivano in sequenza quasi precipitosa piatti, vassoi e zuppiere con verdure, carne e pesce dai colori calibrati ed invitanti. All’assaggio per il mio palato, forse un po’ troppo esigente ed educato alla cucina mediterranea, un’esplosione di sapori piccanti e pungentissimi mi riempie il palato, risale per le narici, irrompe nel cervello, lasciandomi quasi stordito e disgustato da tanto eccesso e contrasto. L’appetito e l’acquolina cedono il passo al sospetto. Impossibile mi dico adattarsi. Come si fa? Troppo distante dalla mia sensibilità. La Thailandia, terra dei sorrisi e dei fiori, dove tutto parla di incanto e di serenità, nasconde sotto la pelle dei contrasti fortissimi, direi micidiali. Nel paese la rete internet e i servizi tecnologici sono all’avanguardia, ci superano di due falcate, eppure basta spostarsi con le jeep dei missionari nelle foreste del nord e si incontrano villaggi di palafitte abitati da gente povera. La vita monastica e dei santuari sembra similare a quella europea, poi ascoltando e approfondendo ci si avvede delle distanze siderali. Una sera rimango affascinato nel seguire un ragionamento fatto da un missionario circa il concetto buddhista di realtà. Per noi occidentali, figli della filosofia greca, la realtà coincide con l’esperimentabile e con la verità oggettiva, per il buddhismo theravada essa è generata dal desiderio: impressionante! Quindi: altre categorie, altre visioni, altri procedimenti mentali e filosofici dettano le regole. I visi levigati e dolci della gente, ad iniziare dalle giovani donne, vengono reintrepretati quando sentiamo raccontare di struggenti tristezze che abitano gli animi di questo popolo. Che contrasti! Come quello tra il pudore nell’abbigliamento e nelle immagini pubblicitarie in rotta di totale collisione con la famosa industria del sesso (avviata dagli Stati Uniti durante il conflitto con il Vietnam), di cui non si vede traccia esterna. Sconcertante pure lo stile evangelico dei preti italiani: ritmi rallentati e meno convulsi, amore e rispetto per la cultura e le tradizioni religiose, generosità elargita spontaneamente, affinata sensibilità per intercettare i bisogni di trascendenza. Un ‘contrasto’ deciso con i nostri appetiti e gusti pastorali di riuscita immediata e di consenso. Una storia di chiesa in uscita che non pretende di raccogliere folle, ed è felice di spendersi con gratuità, di annunciare il vangelo, l’interesse di Dio per l’uomo. Grazie cara Thailandia!
Articolo pubblicato su IRIDE, bollettino delle parrocchie di Villotta-Taiedo – Dicembre 2015