Il terapeuta pic indolor?

È impressionante come Marco metta da subito in campo con insistenza ed energia il Gesù terapeuta. Evidentemente non il supermago dell’Oriente o una sorta di sbaragliatore titanico ed invincibile dei mali che affliggono l’uomo, ma Colui che guarisce, che consola, che si impegna di fronte a ciò che umilia e addolora senza tentennamenti, ma anche senza scorciatoie facili. Si è preso cura delle carni per segnalare che Dio si stava prendendo cura di tutto l’uomo, ad iniziare dal suo organo centrale, dal cuore come luogo del suo io, dei sentimenti, della libertà. La guarigione che abbiamo in mente è quella che domanda un lungo, paziente, fiducioso, diuturno processo che copre di fatto l’arco di una intera vita. Ci sono due forme di guarigione che qui mi piacerebbe evidenziare. Ecco la prima: l’indignazione. Sembrerà paradossale e strampalato, e tuttavia sono convinto che sia via intelligente e sanante. L’indignazione e la protesta sono uno dei primi passi da suggerire. E’sorprendente e persino scandaloso pensare che lamenti, imprecazioni, proteste coprono innumerevoli pagine bibliche. È sufficiente evocare i salmi o il libro di Giobbe. medicina-1 La rabbia, la pena, la ribellione, l’angoscia che il male genera sono materiale che può essere portato di fronte alla croce, nella relazione di fede. Si avvia così una lotta spirituale, credente, non semplicemente un arrovellarsi psicologico e depressivo. Ed è già preghiera, ricerca, guarigione appunto. Una seconda via liberatoria è la guarigione della memoria. Esiste un meccanismo di guarigione apparente e piuttosto comune: la rimozione, ovvero il nostro banale  e praticatissimo: ‘Basta non pensarci!’. Una drammatica illusione, o un equivoco che a lungo andare può costarci caro. Il materiale infetto, come una discarica abusiva, se viene allontanato e quindi accumulato ammala il cuore, produce un ‘percolato’ che fa sentire strani miasmi. Ovvio, il passato con le sue ferite non può essere cancellato, ciò che è stato è stato. In ogni caso possiamo accoglierlo, ridargli senso, integrarlo e alla fine guarirlo. Splendida figura quella di Santa Bakhita, tatuata in modo bestiale, e pensare che il suo nome significa ‘Fortunata’, eppure capace di trasfigurare le cicatrici permanenti da umiliazioni in motivo di gratitudine e di gioia. Potente farmaco di guarigione quello della fede, a riprova che il taumaturgo è ancora al lavoro.

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One thought to “Il terapeuta pic indolor?”

  1. Un giorno, navigando su Internet mi sono imbattuta in una storiella di un’altra cultura, di un’altra religione. La morale di quella storiella era che al male compiuto non c’era rimedio, le ferite non si sarebbero mai rimarginate. Ci rimasi male e in quel momento mi resi conto della fortuna di essere cristiana, della ricchezza contenuta nel Vangelo. Pensai che se è vero che ferisce più la lingua che la spada, è anche vero che una parola può guarire molte ferite.
    In questi giorni è morta Stella, la mamma del mio primo marito, e pensando a lei mi è tornato in mente uno dei momenti più drammatici che ho vissuto.
    Era il 2 Novembre 1981, e ci trovavamo nella sala d’aspetto della Neonatologia dell’Ospedale Civile di Pordenone. Venne il medico e mi disse che la mia piccola Catia, nata quattro giorni prima, al sesto mese di gravidanza, si era aggravata, e questo era più che naturale visto che era un aborto. Poi continuò dicendo che dovevo mettermi il cuore in pace, ero giovane e potevo avere altri figli. Infine mi disse che se volevo, potevo andare a vederla.
    La sequenza di quelle frasi ebbe l’effetto di una mitragliata sul mio povero cuore, già provato dalla morte di Claudio, mio marito e padre di Catia. Mi sentii annientata, non avevo più la forza nemmeno per alzarmi dalla sedia. Scoppiai a piangere.
    Stella, comprendendo il mio stato d’animo, mi disse prontamente:”Lucia, i dottori possono anche sbagliare”. Il medico, che se ne stava andando, si girò e la guardò con occhio torvo, ma lei non se ne curò.
    Quelle poche, semplici parole, pronunciate da Stella, furono come un balsamo ristoratore per il mio cuore. Compresi che l’ultima parola non spettava ai medici, ma a Dio nostro Creatore, Signore della vita, e ritrovai quel po’ di forza necessaria per continuare a sperare e pregare. Mi alzai dalla sedia e andai da mia figlia.

    La fede è stata il motore, il fulcro della vita di Stella. Una vita vissuta con molta semplicità e umiltà, nel nascondimento, al servizio della numerosa famiglia, nipoti compresi. La fede le ha permesso di superare le molteplici prove incontrate durante il suo lungo cammino. Fede alimentata dalla preghiera che era il suo conforto.
    Ricordo con tenerezza quando andavo a trovarla a casa sua qui a Prata e poi a ‘Casa Lucia’ di Pasiano: mi mostrava sempre tutte le immagini sacre che teneva sul comodino (la Madonna, Padre Pio, ecc.), il libro delle preghiere, e le foto dei suoi cari. Quelle erano le sue ‘ricchezze’.
    Grazie Stella, per essere stata fra noi e per l’esempio che ci hai dato.

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