Formazione e riformazione

È evidente, e nemmeno ad un osservatore distratto sfuggirebbe, il bisogno oggettivo di una energica riforma pastorale delle ‘articolazioni’ della nostra chiesa locale: Parrocchie, Unità Pastorali, Foranie. Motivi interni (contrazione numerica dei preti, calo vocazionale rispetto ad un glorioso passato, disaffezione alla pratica liturgica…), motivi esterni (secolarizzazione diffusa e profonda, cultura antivocazionale o dei progetti di vita a part time…) si combinano con una volontà determinata di sagomare comunità cristiane dove la dimensione della comunione, della corresponsabilità laicale e della missionarietà siano effettivamente esercitate. Tale combinazione incoraggia e accelera un processo di riforma, di riassetto complessivo per un servizio pastorale in rete, maggiormente condiviso ed estroverso.
Ora, è altrettanto evidente il bisogno di attivare dei percorsi formativi per consentire agli attori pastorali, laici in primis, di inserirsi in termini qualificati in questo importante cantiere di cambiamento pastorale. Sono veramente pochi, e sinceramente ‘fanno venire il latte alle ginocchia’, coloro che non s’avvedono da un punto di vista teorico di quanto sia fondamentale e decisiva la formazione pastorale, culturale, spirituale. E formazione che sia permanente. Bloccarsi sul già detto e conosciuto, non entrare in un circuito virtuoso di apprendimenti e di crescita significa condannarsi alla ripetizione stanca, ad una clonazione poco attraente, all’appiattimento. Detto diversamente la non formazione determina una deformazione, anch’essa permanente con evidente impoverimento dell’interessato e dell’azione ecclesiale.
Alcune resistenze vanno ascoltate e prese in seria considerazione: affollamento di impegni e di uscite fuori casa, noiosità dei relatori, metodi troppo scolastici e poco interattivi, mancanza e di concretezza e vaghezza operativa. Tuttavia la comprensione della decisività della partita formativa, unitamente alla attrazione che normalmente esercita il lavorare per ciò che è buono, bello, vero e gradito a Dio, danno entusiasmo, curiosità, intraprendenza a quanti entrano nelle proposte formative.
Aggiungiamo che una formazione pastorale bilanciata dovrebbe andare a mettere in sinergia mente, cuore e volontà. Mente: fornendo conoscenze, strumenti teologici, culturali, tecnici che consentano di procedere consapevoli, dando testa appunto e gambe a quanti amano la Chiesa e si sentono chiamati a prendervi parte con generosità. Cuore e volontà: occupandoci di alimentare la relazione di fede, fornendo motivazioni per agire, liberando il desiderio e la gioia di interagire con i progetti di Dio. Un operatore pastorale scarico dentro non andrebbe molto lontano, si ridurrebbe a muoversi come un automa, e finirebbe per recitare la parte del moralista e del volontarista senza convincere nessuno. Così ci permettiamo di incoraggiare a valutare con estrema attenzione tutta l’offerta formativa, che risulta massiccia e variegata, della nostra diocesi. E qui lasciateci evidenziare lo strategico Biennio per Coordinatori Pastorali di Pordenone, presso la Casa Madonna Pellegrina e l’Istituto di Scienze Religiose di Portogruaro, dove sono possibili percorsi differenti a seconda delle disponibilità chi vi partecipa. Sono questi passaggi e passi saggi ed essenziali per proseguire dentro alle città degli uomini il cammino verso la città santa, quella di Apocalisse per la quale ci concentreremo con intensità quest’anno.

Don Fabrizio
(tratto da ‘Collegamento Pastorale’ supplemento de ‘il Popolo’ del 15.09.2013 – Diocesi Concordia-Pordenone)

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‘La porta aperta…’

Apertura Anno Pastorale Diocesano 2013-14

Siamo arrivati a pochissime battute dalla Apertura dell’Anno Pastorale Diocesano di Domenica 15 Settembre. Sua location sarà il Centro Pastorale Giovanni Paolo II della Parrocchia di San Giorgio di Porcia. ‘La porta aperta…’, titolo dell’evento, si ispira all’icona dell’Anno Pastorale che racconta la liturgia celeste. L’autore di Apocalisse ci conduce quasi processionalmente di fronte ad una porta aperta sul cielo. Quanti vi entrano contempleranno un trono con assiso l’agnello sgozzato, il libro, le sette lampade, gli anziani. La dinamica liturgica che si celebra all’interno della sala del trono ci consegna il mistero di Dio, la direzione impressa da Lui alla storia, la nostra vocazione e responsabilità. Veniamo educati insomma al primato di Dio e alle Sue intenzioni buone. Così, abbiamo pensato di aprire una porta, evidentemente minore e tuttavia utile ed interessante, invitando gli operatori pastorali nel pomeriggio di Domenica nello spazio del Centro Pastorale di Porcia per condividere proposte, progetti, idee, orientamenti, materiali, strumenti pastorali. I disegni di Dio vanno tradotti e realizzati attraverso le nostre mediazioni che domandano formazione ed innovazione permanenti. Tutti gli Uffici di Pastorale Diocesani saranno presenti e attivi, e la quasi totalità delle realtà diocesane più significative con i loro contributi. Non ci interessa creare una passerella per mostrare la forza muscolare delle nostre performances pastorali. Sarebbe una esperienza di schiocca vanità. Ci anima piuttosto la gioia di condividere le risorse che circolano nell’ambito ecclesiale. È già una intelligente forma di comunione e di pastorale integrata. Legittimo e auspicabile cercare strategie e strumenti altrove. Saggia la libertà di imparare da ‘fuori’. Curioso in ogni caso notare in alcuni operatori pastorali spensierata disattenzione per tutto ciò che si produce a casa propria. Ci muoveremo quindi con fiducia e gusto di esplorazione tra gli stands effettuando un percorso fisico e simbolico che è stato creato ad hoc, ci immergeremo nell’ascolto di alcune relazioni, ci lasceremo coinvolgere dai laboratori in un contesto di accoglienza e di festa. Non mancheranno dei laboratori per bambini e ragazzi. Alla sera, nel vicino pattinodromo (in chiesa parrocchiale se pioverà), apriremo una seconda porta e questa volta di tipo liturgico. Sarà come anticipare la liturgia del cielo dove tutto e tutti si dispongono attorno al risorto nel canto della libertà e della riconoscenza. Dopo un incipit artistico, ascolteremo la Parola, la parola del nostro pastore e sarà consegnata l’icona che accompagnerà il nuovo Anno Pastorale. Alla liturgia serale tutte le comunità parrocchiali sono invitate. Ringraziamo il vescovo per aver incoraggiato l’evento, lo staff organizzativo, gli splendidi volontari ad iniziare dai volontari di Porcia con il all’iniziativa.

Don Fabrizio De Toni  *vicario per la Pastorale
(Articolo pubblicato sul settimanale diocesano Il Popolo del 15.09.2013)

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Al ‘banchetto’ della salvezza

Audio Omelia 25.08.2013

Domenica 25 agosto 2013

Letture: Is 66, 18-21; Sal 116; Eb 12, 5-7.11-13; Lc 13, 22-30

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme.
Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.
Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

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La sapienza della croce

Campo Biblico A.C.

Piani di Luzza (Ud)

10 agosto 2013

Audio Registrazione Meditatio don Fabrizio

1Corinzi 1, 17-31

Dalla seconda lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi
Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo.
La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti:
Distruggerò la sapienza dei sapienti
e annullerò l’intelligenza degli intelligenti.
Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.
Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore.

 

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Sono pochi?

Domenica 25 agosto 2013

Letture:   Is 66, 18-21; Sal 116;  Eb 12, 5-7.11-13; Lc 13, 22-30

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme.
Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.
Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

‘Un tale gli chiese: ‘Sono pochi quelli che si salvano?’. È una domanda circa l’esito definitivo che non di rado attraversa i dialoghi ordinari, e ritorna di tanto in tanto in salotti televisivi frequentati, guarda un po’, da prelati vestiti di rosso. Desta sempre un certo interesse e una mai sopita curiosità. Gesù risponde, ma evidentemente non soddisfa l’interlocutore. Non accontenta la smania di speculare circa i numeri e il futuro. Gesù da un piano teorico riporta il suo interlocutore al presente. Utilizza l’immagine della porta stretta, e poi chiusa, per sollecitare una risposta di fede e di tipo etico da compiersi nell’oggi. Più che almanaccare è importante scegliere, decidersi e farlo in fretta. Non ci scappi il fatto che il dialogo e la risposta sono inquadrati nel viaggio che Gesù sta compiendo verso Gerusalemme, la città del compimento. Non c’è allora tempo da perdere, è necessario schierarsi. È sorprendente notare come Gesù nella sua risposta concentra il massimo della speranza e dell’apertura (‘verranno da oriente e da occidente e siederanno a mensa nel Regno di Dio’) e il massimo della severità e della drammaticità (‘sforzatevi di entrare… Egli vi risponderà: Non so di dove siete’). Sono come due estremi che si spiegano l’un l’altro. Insistendo esclusivamente sulla drammaticità delle nostre scelte si rischia di cadere nella rigidità, si finisce per angosciare e togliere fiducia, si alimentano immagini di paura, ci si riduce ad una spiritualità terroristica. Parimenti, se ci si concentra solo sull’apertura universalistica e misericordiosa ci si riduce ad un buonismo fuori posto, che non convince nessuno, si toglie peso e responsabilità alle decisioni umane. È evidente che il primato spetta alla misericordia, tuttavia pensata dentro ad un contesto di impegno. Dio prende sul serio l’uomo, è un Dio esigente, e quindi l’uomo è chiamato ad agire da adulto, a rispondere con serietà. Il richiamo evangelico lo trovo provvidenziale per una cultura come la nostra dove sembra che si possa agire da bamboccioni anche  a trenta e a cinquanta anni, tanto ci sarà Qualcuno che sistemerà i nostri pasticci. Occorrerebbe rispolverare una ‘categoria’ biblica che i nostri vecchi conoscevano con la mente e con il cuore, che praticavano anche se non la sapevano spiegare  a parole, ovvero la categoria del ‘timor di Dio’. Quindi non la paura per il suo giudizio, ma la preoccupazione di uscire da un regime di grazia, da una vita buona. Si tratta come di una sana ‘tensione’ verso il bene. La percezione di vivere secondo questo tipo di ‘tensione’ dovrebbe assicurarci un sentimento di discreta serenità. Intendiamoci, senza sentirci per questo arrivati e garantiti, anzi sentendoci nel contempo poveri e peccatori. Poi per quello che sarà… ci rimettiamo ad un Altro, con fiducia.

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Asimmetria

Consentiteci queste considerazioni a margine di una estate, dove la presa di distanza dalle faccende ordinarie ci fornisce una visuale delle cose più libera e complessiva. A noi pare che nel campo formativo-educativo, ad iniziare da quello basilare e ruspante della famiglia, si è passati da modelli impositivi e autoritari di un passato non troppo lontano ad una pedagogia dello stato brado, fintamente democratica, assenteista, sprovveduta e pericolosa come la prima. Sempre più frequentemente ci si pone con i figli in un rapporto simmetrico, sullo stesso piano. In una vicina città abbiamo udito bambini che non usano più parole come papà-mamma, che vengono sostituite con riferimenti più moderni, del tipo Franco-Maria. In una relazione educativa seria ed efficace è decisivo che i ruoli siano chiari: c’è chi educa e chi viene educato, chi aiuta e chi viene aiutato, chi inoltra nell’arte del vivere e chi viene inoltrato. Ruoli differenti e asimmetrici. Esiste uno scarto che se non viene rispettato genera solo confusione e presunzione. Accondiscendere, accontentare per partito preso, giocare a fare i fratelli/amici dei nostri ragazzi potrà evitare grane, darci delle gratificazioni sull’immediato, renderci più ‘a la page’, essere comodo, tuttavia sul lungo termine si rivela strampalato e deleterio. In questo insano abbassamento spesso il massimo delle proposte educative è la nefasta regola del ‘fate quello che vi piace o che vi sentite di fare’. Certo che il desiderio va ascoltato, assecondato, fatto maturare, ma se lasciato da solo diventa un criterio consumistico. Vogliamo dire che il tempo dell’educazione non è come il tempo passato al centro commerciale per scegliere quello che piace a me e serve per me.  L’educare domanda responsabilità, fedeltà, sperimentazione di esperienze inedite, apprendimento di atteggiamenti essenziali, sacrificio, apertura all’altro, servizio, rinuncia, ascolto, sensibilità, progettazione del futuro. Abbiamo l’impressione che tale cultura o meglio pseudocultura dell’educare, pseudo perché non si pone la domanda su ciò che è vero e merita di essere posto come obiettivo da raggiungere, finisca con l’inquinare anche il settore fede. In un processo naturale di trasferimento Dio, nostro genitore, lo tiriamo giù e ne facciamo l’amico del cuore, quello che ci capisce, il grande NONNO a cui accendere un cero quando ci sono dei problemi e degli incidenti di percorso. Un Dio a nostra immagine e somiglianza, un dio pagano, che non c’è se non nelle nostre teste. Un NONNO dicevamo che ha una bella bottega, come quelle di una volta con i cassetti per la pasta, i vasotti con le caramelle e mercanzie per ogni esigenza. È la storia di una fede beceramente consumistica, di chi accede a dei servizi su cui vanta solo diritti e nessun dovere. Una fede blanda, a spot, che non ci fa crescere, che non ci educa. Dio è altro da noi, anzi è il totalmente altro, ha una parola di fuoco da rivolgerci, di quelle che trafiggono l’anima. Dio ha mille progetti formativi sulle sue creature, e ha una Parola di verità da svelare. Forse potremmo partire proprio da Lui per apprendere il nostro mestiere di educatori, per recuperare una necessaria differenza, per essere più efficaci facendo intuire ai figli che il vero divertirsi è frutto dell’impegnarsi, che la gioia è figlia della responsabilità, che l’appagamento è fratello della coerenza, che il bello ha a che fare anche con il sacrificio, che il lavoro non si riduce volgarmente a portar a casa quattrini, che la libertà è il bene più prezioso, che ciò che conta non è l’opinione dei più, ma ciò che è buono e giusto. Viva l’asimmetria!

(Natale 2008 – dal Bollettino delle Parrocchie della Val Meduna)

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“Voglio una Chiesa povera, per i poveri”

Audio Omelia 04.08.2013

Domenica 4 agosto 2013

Letture: Qo 1, 2; 2, 21-23; Sal 94; Col 3,1-5. 9-11; Lc 12,13-21

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

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Abbà, ‘papino mio’

Audio Omelia 28.07.2013

Domenica 28 luglio 2013

Letture: Gn 18, 20-21. 23-32; Sal 137; Col 2, 12-14; Lc 11, 1-13

Dal vangelo secondo Luca
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
“Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione”».
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

 

 

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Il silenzio di Maria, respiro e libertà

Audio Omelia 21.07.2013

Domenica 21 luglio 2013

Letture:  Gn 18, 1-10; Sal 14; Col 1, 24-28; Lc 10, 38-42

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». 

 

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Le anestesie della coscienza

Audio Omelia 14.07.2013

Domenica 14 luglio 2013

Letture:   Dt 30, 10-14; Sal 18; Col 1, 15-20; Lc 10, 25-37

Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

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