“Ama i tuoi nemici” è l’ultima opera di Timothy Schmalz presentata l’11 settembre scorso, nell’anniversario degli attentati alle Torri gemelle. Guardandola viene spontaneo chiedersi come mai se il terrorista è pentito non ha ancora deposto l’arma? Forse in realtà è proprio Gesù a fare il primo passo perdonandolo ancora prima che sia lui a chiedere? Rappresentare Gesù che abbraccia il nemico ci induce a riflettere su quanto sia difficile per la nostra mentalità occidentale concepire che il perdono di Dio arriva ancora prima del pentimento e della conversione del peccatore. Eppure la storia di Zaccheo ci insegna che Gesù abbraccia un peccatore non un convertito. Commentando la ‘Misericordiae Vultus’, la teologa Serena Noceti afferma: “La misericordia ha a che fare, certo, con l’errore, con la colpa. Ma sempre tiene presente il futuro, scommette sul futuro. Crede nell’umanità anche di chi è colpevole.”
XXXI Domenica del tempo ordinario
Letture Sap 11,22-12,2 ; Sal 144; 2Ts 1,11-2,2; Lc 19,1-10
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».