GIUBILEO Diocesi Concordia-Pordenone

imageIl vangelo del giorno, ovvero la narrazione della moltiplicazione dei pani nella versione di Giovanni, mi aiuta ad interpretare il percorso sin qui compiuto. Gesù come nuovo Mosè sale sul monte per spezzare il pane della Parola e il pane della Misericordia. Il Giubileo lo abbiamo inteso, con il vescovo Giuseppe Pellegrini, come un ‘salire sul monte’, un convenire ecclesiale, un concentrarci spiritualmente per gustare la dolcezza e la forza della tenerezza divina e condividerla con gli affamati. Suggestive le Aperture delle Porte Sante nella Concattedrale di San Marco in Pordenone e nella Cattedrale di Concordia. A spingere la porta si sono unite, assieme alle mani del vescovo, a Pordenone quelle di un detenuto, di una ‘mamma ferita’ con il suo bambino, di un disabile e una donna anziana; a Concordia quelle di due famiglie. Altre Porte si sono aperte (Madonna del Monte, Madonna di Rosa a San Vito al Tagl., Madonna di Fatima a Portogruaro, Sesto al Reghena, e Valvasone) e si apriranno (Clauzetto, Claut e Bibione). Non sono mancate e non mancheranno liturgie giubilari per ambiti: famiglia, vita consacrata, lavoro, politica, disabilità, marginalità… Moltiplicazione quindi di porte, di mani, e storie per segnalare una abbondanza di misericordia diffusiva ed inclusiva, un accesso possibile al cuore del Padre. Il Comitato preparatorio si è impegnato per dare profondità teologica agli eventi celebrativi. La tentazione sempre in agguato è di scadere nel ritualismo devozionale, privo di anima e resistente ad una reale conversione. Si sono predisposti dei materiali liturgici e pastorali, testi e videointerviste, (tutti consultabili e scaricabili all’indirizzo http://www.pastoralepn.org). Attenta cura si è avuta per la riconciliazione sacramentale. Ad essere onesti, all’insistenza per una ripresa della buona pratica della confessione non si è registrato un cambio di marcia. La ‘soglia di percezione’ del peccato si è notevolmente alzata, con conseguente disaffezione al sacramento. L’uomo occidentale non avverte il bisogno di sentirsi giustificato, e rivendica al contrario il diritto di chiedere a Dio stesso di giustificarsi per tutte le sofferenze e le nefandezze dell’umanità. Certuni temono che l’elargizione di tanta grazia conduca dritti al lassismo o allo ‘sbracamento’ pastorale. La gravità e la velenosità del male non vengono ridotte o misconosciute. Avvicinarsi alla luce del bene metterà nelle condizioni ideali per discernere la tenebra e il peccato, provandone vergogna o repulsione. Alla fine ciò che a Dio preme è la nostra gioia, ed introdurci nella casa della festa. Si avvia così un itinerario di conversione per acquisire i gusti di Dio e per imparare i suoi sentimenti. In altre parole, alla scuola della Misericordia si apprende a fare ciò che è gradito al Signore. Le opere di misericordia sono componente essenziale, e non un corollario trascurabile o una proposta aggiuntiva per i più intraprendenti. La diocesi ha indicato quattro ‘opere segno’: sostegno alla nuova missione diocesana in Mozambico, accoglienza dei profughi, prossimità con i cristiani in Terra Santa, Comunità Oasi per il reinserimento degli ex detenuti. In merito all’appello ad attivarsi per accogliere i rifugiati, ad oggi ne sono ospitati trenta tra parrocchie e strutture diocesane. Nonostante un procedere a rilento, si è innescato un processo virtuoso che sta ‘aprendo porte’. Infine, si è deciso di rinnovare il Fondo di Solidarietà chiedendo ai sacerdoti di privarsi di una loro mensilità per i poveri. Si sono raccolti 50.000 € circa. La cifra andrà distribuita per i più svantaggiati, evitando l’assistenzialismo. Memori del detto ‘non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua desta’, è con un po’ di imbarazzo che riportiamo cifre e annotazioni puntuali. Lungi da noi rispondere piccati a quanti ci accusano di ipocrisia ed immobilismo. Sono segnali di speranza, tracce di risurrezione che appartengono ad una Chiesa ‘povera’, e che tuttavia si esperimenta perdonata e amata.

Don Fabrizio De Toni Vicario per la Pastorale

Pubblicato su Avvenire il 17.04.2016

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