Omaggio al volontariato

Mi colpisce sino alla commozione la radicalità del gesto profetico della lavanda. Un gesto talmente significativo, quasi un sacramento, che viene ritualizzato e proposto all’interno delle liturgie pasquali. Esso rimanda alla missio di Gesù, alla sua vocazione di fondo ed anticipa il mistero della croce. Lui è il servo, e servo sofferente. Ottima icona alla quale ispirarci, per promuovere la cultura del servizio e del volontariato, cattolico e non solo. ‘Avendo amato i suoi, li amò sino alla fine’. Il servizio possiede una radice profonda, nasce dall’amore. Non è epidermico. Appoggiarsi sul ‘mi piace’, sul ‘me l’hanno chiesto’, sul ‘dai, facciamo uno sforzo’ rende il servizio precario e deboluccio. E’ la motivazione profonda che conferisce al servizio energia e slancio, quasi una risposta ad una vocazione del cuore.

Il servizio, come è inteso nella logica del Vangelo, supera la filosofia del part time o del ‘se mi sento’, tagliata sui bisogni soggettivi, più che su quelli oggettivi che ci interpellano. In questo senso non si calcolano le ore, non ci si tira indietro, si è affidabili al di là dell’umore dettato dalle circostanze.

Altra qualità del servizio, almeno come lo abbiamo inteso sin qui, è la libertà. Esso è libero di procedere anche quando incontra resistenze ed opposizioni. Incurante, senza amareggiarsi più di tanto, continua ad offrirsi. E’ contento di darsi, al di là di gratificazioni ed apprezzamenti. Libero e gioioso.

Vorrei idealmente omaggiare ed incoraggiare il popolo dei volontari. Esso è un fenomeno soprattutto italiano. Pur tra le sue contraddizioni e limiti, continua a dare segnali di tenuta e di buona salute. Se ci educhiamo a chinarci sui piedi dei fratelli, a piegare le ginocchia, ad indossare il grembiule, ci sarà una prospettiva di umanità e di speranza.

 

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