La Bruna e Il Giglio

Pubblico un lavoretto commissionatomi dagli amici della Cooperativa Sociale Il Giglio di Porcia in occasione dell’anniversario della struttura purliliese. “Nella fase di partenza dell’avventura Giglio mi ricordo della Bruna indaffarata ad armeggiare instancabilmente intorno alla sua numerosa famiglia e alla nascente cooperativa, esuberante e pimpante, solare ed ottimista. Più volte l’abbiamo sorpresa con le lacrime agli occhi per il suo Simone o per le comuni preoccupazioni delle mamme, che tuttavia non le sciupavano il bel volto e il sorriso contagioso. Grazia che le veniva non perché si sforzava di apparire serena  e positiva, ma da un abbandono semplice ed intelligente alla provvidenza divina. Bruna aveva intuito con lungimiranza che era necessario dare continuità di accompagnamento ai diversamente abili, ne era quasi tormentata dal loro futuro: strutture mancanti, genitori destinati ad invecchiare, precarietà di sostegni, difficoltà di inserimenti lavorativi. Da donna generosa e determinata non si è lasciata andare alla lamentazione sterile e disfattista, al grido di:”Governo ladro!”, o all’apatia e alla rassegnazione. Ha saputo reagire e trasformare la sua situazione famigliare in redenzione per sé e per altri che si trovavano nelle sue condizioni. Lei allora ‘seme’ e germoglio del prossimo Giglio, a cui sono bastate inizialmente due stanze e quattro volenterosi. Una partenza assai francescana, approssimativa, fatta di entusiasmo  e di tanti sogni, ordinaria e geniale al contempo. Va notato un elemento di metodo: sin dai primi vagiti della neocooperativa, Bruna non si è mai incaponita  a sbrigarsela da sola, a giocare il ruolo di eroina della solidarietà, ma ha saputo con pazienza e saggezza tessere una tela di collaborazioni e di comunione. Mi si permetta di aggiungere un paio di riflessioni circa il contributo educativo di questa donna. La sua azione sociale ha generato una tendenza attorno a sé, un clima, un sentire insomma di cui esserle grati. Sono convinto che la sua capacità educativa, della quale forse non aveva coscienza percependosi piuttosto come la fondatrice, il gestore, la madre dell’opera Giglio, le veniva dalle sue ‘viscere di misericordia’, che sono poi quelle del Buon Samaritano, di Gesù prima della moltiplicazione dei pani di fronte alla folla affamata, del Padre misericordioso che si vede ritornare il figlio impoverito. In sostanza Bruna ha educato a trattare l’ultimo, con tutto il suo corredo di limiti e fragilità, con umanità. Ha umanizzato la disabilità, la malattia, il dolore, la precarietà. Quando si umanizza la sorte del fratello meno fortunato scompaiono le resistenze e i timori, si riduce la distanza e la solitudine, ci si incoraggia a procedere con speranza, si vede l’altro non nel suo aspetto fisico, ma nel suo mistero. Entrando al Giglio a tutte le stagioni non si respira aria pesante di tristezza e di malinconia, ma ci si tonifica come attraversando un giardino in Primavera. Un secondo contributo formativo Bruna l’ha consegnato educandoci ad una solidarietà biblica  e moderna, non pietistica e buonista. L’obiettivo era ed è quello di creare un luogo di solidarietà bidirezionale, ovvero di condivisione, di reciproca spartizione di beni dove nessuno viene trattato come un vaso vuoto da riempire. Ed è in effetti la sensazione che si prova quando si esce dal Giglio, di aver quasi ‘rubato’, portato via in sovrabbondanza amicizia, consolazione, slancio, gusto di vivere in termini assai maggiori rispetto a quello che si è portato. Non possiamo che complimentarci per l’anniversario del Giglio con Bruna, con gli operatori, con i ragazzi e le loro famiglie, con i volontari e benefattori, con tutte le istituzioni che si sono attivate. Sono convinto che il Signore quotidianamente benedice e bagna guardaldola con simpatia questa nostra e sua pianta. Auguri!”.

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One thought to “La Bruna e Il Giglio”

  1. Conosco molti genitori con figli diversamente abili e nutro verso di loro grande ammirazione e rispetto. In confronto a loro mi sento una mamma ‘povera’. Sì, ‘povera’, perché penso che essere genitore di un figlio diversamente abile sia un’esperienza che, se accettata e vissuta con fede, produce un grande arricchimento interiore. E’ una sfida che stimola abilità e capacità insospettate e la Signora Bruna ce lo dimostra in maniera esemplare.
    Purtroppo il mondo in cui viviamo, a causa della mentalità relativista e materialista largamente diffusa, si oppone alla nascita di queste creature, figlie di Dio come tutte le altre, e come soluzione propone l’aborto ‘terapeutico’. Molto spesso i ginecologi fanno pressione psicologica sulle mamme in attesa per convincerle ad eseguirlo. Sembra impossibile che tutto questo accada normalmente in un Paese che si definisce con ‘radici cristiane’. Purtroppo, per avere la forza di opporsi a questa mentalità dilagante, bisogna avere una fede forte e matura, ed è proprio quella che molto spesso manca.
    Circa un anno fa, discutevo sul tema dell’aborto con un paio di giovani mamme. Una di queste ad un certo punto mi disse, con evidente intento provocatorio, che visto il mio spirito di ‘buona samaritana’ i figli disabili potevo adottarli io. Io risposi che tutti siamo chiamati a essere ‘buoni samaritani’ e che la prima a essere chiamata a diventarlo è proprio la mamma del nascituro.
    Grazie Signora Bruna per l’esempio che ci ha dato, e per averci dimostrato che altre strade sono percorribili. Strade che nascono dall’amore, quell’amore per cui Gesù Cristo è morto sulla croce, ed è risorto.
    Buona Pasqua!

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